IL VOLTO NASCOSTO DEL TERRORISMO

Il terrorismo non nasce per caso ma, come si può desumere dalla
creazione dell'organizzazione Al-Qaeda di Osama bin Laden, viene
generalmente appoggiato dallo stato per soddisfare le richieste di
una potente élite.


di Paul Oavid Collins

Quello che segue è un brano tratto da The Hidden Face of Terrorism:
The Dark Side of Social Engineering, From Antiquity to September 11,
di Paul David Collins, 2002.

In genere, nel nostro mondo moderno le verità scomode vengono
scartate in cambio di invenzioni. Una di queste invenzioni è la
concezione che i terroristi siano dissidenti diseredati, i quali
ricavano in modo indipendente i finanziamenti e le risorse necessarie
ai loro efferati crimini. Questo è l'assunto del Professor Mark
Juergensmeyer il quale, nel suo articolo dal titolo "Understanding
the New Terrorism", afferma che il terrorismo moderno "appare inutile
in quanto non persegue direttamente alcuno scopo strategico" (p. 158).

Juergensmeyer giunge a tale conclusione poiché limita la sua analisi
agli esecutori visibili, le cui motivazioni possono essere di fatto
irrazionali; egli tuttavia non prende in considerazione i
patrocinatori del terrorismo. Data l'eccezionale sottigliezza e
discrezione dei promotori oscuri di tale fenomeno, è possibile che il
Professor Juergensmeyer ignori la loro esistenza; d'altra parte, può
darsi che stia semplicemente spappagallando i suoi colleghi
universitari onde preservare lo status quo.

Sia come sia, tale assunto sembra essere l'opinione comune
dell'ortodossia accademica, un'opinione che gli arbitri del paradigma
nazionale dominante promulgano con tale vigore che ben pochi riescono
ad identificare gli oscuri personaggi che si ritrovano a trarre
profitti dagli atti terroristici.

Per comprendere il terrorismo, bisogna abbandonare la concezione che
lo definisce arbitrariamente come "il ricorso alla violenza o alla
minaccia di violenza da parte di un gruppo che cerca di ottenere un
risultato in opposizione alle autorità costituite" (Adler, Mueller &
Laufer, p. 309).

Questa debole concezione si basa su di una visione casuale della
storia irreparabilmente errata e relega il terrorismo, che è il
prodotto di pianificazione e di impegno deliberati, nel regno della
spontaneità circonstanziale; in altri termini, un atto forzato
diventa all'improvviso un fenomeno sociale inspiegabile.

Nel novembre del 1989, in California, lo psicologo sociale Padre
Ignacio Martìn-Barò tenne un discorso sul tema "Le conseguenze
psicologiche del terrore politico", nel quale fornì una definizione
assai precisa del terrorismo; trascurarla è davvero rischioso. Noam
Chomsky ce ne dà un sunto (p. 386):
Egli [Martin-Barò] ha sottolineato vari punti importanti.
Innanzitutto la più rilevante forma di terrorismo è, di gran lunga,
il terrorismo di Stato - cioè "terrorizzare complessivamente la
popolazione tramite azioni sistematiche eseguite dalle forze dello
Stato stesso". In secondo luogo, questo tipo di terrorismo
costituisce parte essenziale di un "progetto sociopolitico imposto
dal governo" finalizzato a soddisfare le prerogative dei privilegiati.

Per quanto possa turbare, la definizione di Martìn-Barò è confermata
dalla storia.

Nel corso della storia il terrorismo ha per la maggior parte trovato
i suoi patrocinatori nei sacri uffici della burocrazia, in
quell'entità nota con il nome di governo. Il terrorismo è un
sostituto della guerra, uno stato di crisi confezionato e volto ad
indurre un cambiamento sociale, i cui combattenti, più o meno
consapevolmente, muovono guerra per conto di poteri superiori che
hanno agende superiori. Il terrorismo serve sempre le ambizioni di
qualcun altro, sia che i suoi aderenti ne siano conoscenza oppure che
non lo siano affatto.

Michael Rivero, nel suo articolo dal titolo "Fake terror: The Road to
Dictatorship", sostiene che esso è "il più antico stratagemma della
storia, e risale ai tempi degli antichi Romani: creare il nemico di
cui si ha bisogno" (p. 1). La strategia è alquanto semplice:
determinati individui creano una crisi in modo da poter fare ricorso
alla soluzione desiderata.

Esistono recenti e moderni esempi del terrorismo patrocinato dallo
stato? Malauguratamente la risposta a tale quesito sembra essere "Sì".

Operazione Northwoods

Il primo esempio risale al 1962. Il capo di stato maggiore interforze
Lyman L. Lemnitzer ed i suoi colleghi volevano rimuovere Castro da
Cuba. Non è chiaro quali interessi rappresentassero esattamente
Lemnitzer ed i falchi suoi compari, ma una cosa è certa: questi
militari consideravano Castro un ostacolo da annientare tramite una
guerra palese.

Secondo James Bamford, ex produttore investigativo di Washington per
la ABC, lo stato maggiore interforze progettò di allestire varie
azioni terroristiche allo scopo di provocare una guerra (p. 82):

Secondo documenti segreti rimasti tali per lungo tempo, ottenuti per
Body of Secrets, lo stato maggiore interforze approntò ed approvò dei
piani per quello che potrebbe essere il progetto più immorale mai
ideato dal governo statunitense. In nome dell'anticomunismo,
proposero di iniziare una segreta e sanguinosa campagna terroristica
contro la loro stessa nazione, con lo scopo di ingannare la
cittadinanza statunitense per indurla ad appoggiare una mal concepita
guerra che intendevano muovere contro Cuba.

Il progetto, nome in codice Operazione Northwoods, che aveva ottenuto
l'autorizzazione scritta del capo di stato maggiore, prevedeva che
nelle strade statunitensi venissero uccise persone innocenti; che i
natanti che trasportavano i profughi in fuga da Cuba venissero
affondati in alto mare; che a Washington, DC, Miami ed altrove
venisse scatenata una violenta ondata di atti terroristici. Delle
persone sarebbero state accusate di attentati che non avevano
commesso, aerei sarebbero stati dirottati e, utilizzando prove
fasulle, la responsabilità di tutto questo sarebbe stata addossata a
Castro, fornendo così a Lemnitzer ed alla sua cricca il pretesto,
nonché il sostegno dell'opinione pubblica ed internazionale, per
scatenare la loro guerra.

Northwoods prevedeva anche di mettere sotto tensione i militari
stessi (p. 84): Fra le azioni raccomandate vi era "una serie di
incidenti ben coordinati che avrebbero avuto luogo nella ed attorno"
alla base della marina militare statunitense di Guantanamo Bay, Cuba.
Fra tali azioni era compresa quella di far indossare a cubani "amici"
delle uniformi militari cubane e quindi far sì che essi "scatenassero
delle rivolte nei pressi dell' entrata principale della base. Altri
avrebbero finto di essere dei sabotatori all'interno di essa, dove
sarebbero stati fatti saltare depositi di munizioni, appiccati
incendi, sabotati aerei, sparati colpi di mortaio e provocati danni
alle installazioni".

L'Operazione Northwoods avrebbe fatto anche ricorso a precedenti
storici, ispirandosi all'esplosione avvenuta nel 1898 a bordo della
nave da battaglia Maine (p. 84): "Potremmo far esplodere una nave
statunitense nella Guantanamo Bay ed incolpare Cuba",
proposero; "l'elenco delle vittime riportato sui quotidiani
statunitensi determinerebbe un'utile ondata di indignazione
nazionale."

Il tentativo di creare una minaccia terroristica cubana rende chiaro
che il governo statunitense non si fa certo scrupoli ad utilizzare il
terrorismo di Stato per conseguire i propri fini.

Imperialismo statunitense e minaccia terroristica

Comunque, è con l'attentato del 1995 ad Oklahoma City che si
percepisce l'attuazione tangibile del moderno terrorismo di stato.
Molti cittadini statunitensi sono stati indotti a credere che i
solitari Timothy McVeigh e Terry Nichols, spinti dalle teorie della
cospirazione e dalla propaganda sulla supremazia dei bianchi ispirate
dalla milizia, eseguirono da soli uno fra i più nefasti attentati
terroristici della storia degli Stati Uniti.

Cosa è derivato dall'attentato di Oklahoma City? Le "pressioni
dall'alto" di Jan Kozak, ex membro della segreteria del Partito
Comunista cecoslovacco, fecero il loro corso e determinarono
l'approvazione di una legge oppressiva: La legge antiterrorismo e
sulla pena di morte effettiva del 1996. La legge in questione non
rese più sicuro nessuno e gettò nella spazzatura il quarto
emendamento della Costituzione degli Stati Uniti; le tenaglie si
strinsero un po' più forte sul popolo statunitense.
Attualmente gli Stati Uniti si trovano nel bel mezzo di un turbolento
conflitto a causa degli attacchi terroristici dell'Il settembre
contro il Pentagono ed il World Trade Center. Questo suscita l'ovvia
domanda: tale attacco venne patrocinato dallo stato? Tenete presente
l'assunto citato in precedenza, secondo cui la gran parte del
terrorismo è, per l'appunto, patrocinato dallo stato. Senza il
contributo di un governo o di fazioni al suo interno, i terroristi
non dispongono delle risorse, del denaro o della competenza; è ancora
troppo presto per conoscere a fondo tutti i fatti ed i particolari
relativi agli eventi dell'Il settembre, tuttavia vi sono dei
riscontri che tale attacco non ha fatto eccezione alla regola.
L'indagine sulla complicità del governo inizia con una disamina delle
prove relativa alla conoscenza anticipata di quest'ultimo, dato che
ai massimi livelli governativi giunsero degli avvertimenti.

Questi aspetti ed altre illuminanti rivelazioni hanno fatto sì che
molti individui si siano chiesti come mai il governo statunitense non
si sia attivato per fermare bin Laden ed Al Qaeda. A tale domanda si
può rispondere con un'altra domanda: perché attivarsi contro bin
Laden ed Al Qaeda se essi sono dei tuoi validi collaboratori?

La storia della famigerata rete terroristica di Al Qaeda ha inizio
con Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale del
presidente Carter.

Nel suo libro dal titolo The Grand Chessboard: American Primacy and
Geostrategic Objectives, Brzezinski illustra ai lettori le
motivazioni a monte della creazione di una minaccia terroristica.
Egli inizia così (p. xii):
L'ultimo decennio del ventesimo secolo ha manifestato un cambiamento
strutturale nelle vicende mondiali. Per la prima volta, una potenza
non eurasiatica è emersa non solo in qualità di arbitro cruciale dei
rapporti di potere eurasiatici ma anche come suprema potenza
mondiale. La sconfitta ed il collasso dell'Unione Sovietica ha
rappresentato l'ultimo gradino della rapida ascesa della grande
potenza dell'emisfero occidentale, gli Stati Uniti, come unica e
sicuramente prima vera potenza globale...

Brzezinski celebra il fatto che gli Stati Uniti si stiano
trasformando in un impero mondiale. Egli, ad ogni modo, individua una
precisa minaccia per l'ascesa degli Stati Uniti alla posizione di
unica potenza globale: "L'atteggiamento della cittadinanza
statunitense riguardo alla proiezione esterna del potere degli Stati
Uniti è stato molto più che ambivalente" (p. 24). Evidentemente,
l'avversione della popolazione nei confronti di politiche
imperialistiche, che Brzezinski interpreta eufemisticamente come
ambivalenza, rappresenta un ostacolo all'espansione dell'impero. In
fin dei conti, esistono ancora molti patrioti che ritengono
la "geostrategia" espansionistica di Brzezinski incompatibile con i
principi fondanti dell'americanismo.

Questo senso di consapevolezza ha costituito un forte ostacolo per le
élite della politica estera che Brzezinski rappresenta. Fino a questo
momento, un numero sufficiente di patrioti sa che nessuno fra
i "Documenti della Libertà" (vale a dire la Costituzione, la
Dichiarazione dei Diritti del cittadino, etc.) fa concessioni
all'arbitraria estensione dell'autorità statunitense tramite brutali
spedizioni militari. Si presume che gli Stati Uniti, in quanto essi
stessi nazione sovrana, rispettino l'autonomia di altri paesi e non
intraprendano campagne militari a meno che non siano minacciati.
Tuttavia Brzezinski ritiene che l'adesione a tali principi potrebbe
provocare un sovvertimento sociale planetario (p. 30): L'isolamento
volontario degli Stati Uniti dal mondo, oppure l'improvvisa emergenza
di un valido rivale, determinerebbe una consistente instabilità
internazionale. Provocherebbe l'anarchia globale. Brzezinski prosegue
oltre con stile iperbolico (p. 194): In assenza di un prolungato e
diretto coinvolgimento statunitense, le forze del disordine globale
potrebbero in breve tempo riuscire a dominare la scena mondiale.

Detta in altri termini, la promozione e l'attuazione di governi
rappresentativi in altre nazioni porterebbero di per sé stesse al
giorno del giudizio. Con tali affermazioni, l'ex consigliere per la
sicurezza nazionale rivela le prerogative autoritarie della sua
bizzarra escatologia. Secondo la Weltanschauung (visione del mondo,
ndt) di Brzezinski, coloro che prediligono le libertà individuali e
la sovranità della propria nazione rappresentano le "forze del
disordine globale"; queste forze devono essere sconfitte oppure
provocheranno immancabilmente l'apocalisse - quindi l'opinione
pubblica dev'essere manipolata. (Brzezinski evita di menzionare il
fatto che questo giorno del giudizio significherà soltanto la fine
sua e dei suoi compari elitari). Brzezinski cita un esempio storico
assai interessante (p. 25): L'opinione pubblica ha appoggiato
l'impegno degli Stati uniti nella Seconda Guerra Mondiale in gran
parte a causa dell'effetto sconvolgente dell'attacco giapponese a
Pearl Harbor.

Ah, ecco un'opzione che presenta sé stessa! Il consenso della massa
potrebbe essere agevolato da un trauma di massa. Di fatto,
l'elaborazione del consenso diffuso è un elemento essenziale per la
realizzazione della politica estera di Brzezinski; egli, in un
esemplare momento autoaccusatorio, così tipico delle caratteristiche
elitarie, scrive una schiacciante confessione (p. 211):
Inoltre, man mano che gli Stati Uniti diventano sempre più una
società multiculturale, potrebbe risultare più difficile foggiare il
consenso su tematiche di politica estera, salvo nel caso di una
minaccia esterna davvero rilevante e diffusamente percepita.
Una minaccia immediatamente utilizzabile, genuina o indotta che sia,
è la soluzione.
Brzezinski diede inizio alla costruzione di questa "minaccia esterna
diretta" anni prima della stesura di The Grand Chessboard. Nel corso
di un'intervista per la rivista francese Le Nouvel Observateur, l'ex
consigliere per la sicurezza nazionale rese una sbalorditiva
confessione che cambierà per sempre gli annali della storia (Blum, p.
1):

Domanda: L'ex direttore della CIA, Robert Gates, nelle sue memorie
[From the Shadows] ha affermato che i servizi segreti statunitensi
iniziarono a sostenere i mujaiddin in Afganistan sei mesi prima
dell'intervento sovietico. In quel periodo lei era consigliere per la
sicurezza nazionale del presidente Carter e, di conseguenza,
ha ,avuto un ruolo nella vicenda. È esatto?

Brzezinski: Sì. Secondo la versione, ufficiale, il sostegno della CIA
ai mujaiddin ebbe inizio durante il 1980, ovvero dopo il 24 dicembre
1979, data in cui l'Unione Sovietica invase L'Afghanistan. Tuttavia
la realtà, mantenuta segreta sinora, è del tutto differente. Il 3
luglio del 1979 il presidente Carter firmò la prima direttiva
riguardo agli aiuti segreti destinati agli oppositori del regime
filosovietico di Kabul. Proprio quel giorno, io scrissi al presidente
una nota nella quale gli spiegavo che a mio avviso tale sostegno
avrebbe provocato un intervento militare sovietico.

Domanda: Nonostante il rischio, lei è stato un sostenitore di questa
azione coperta. Forse desiderava lei stesso l'entrata in guerra dei
sovietici ed ha provveduto a provocarla?

Brzezinski: Le cose non stanno esattamente così Non abbiamo spinto i
russi ad intervenire, ma abbiamo deliberatamente aumentato le
probabilità in tal senso.

Rieducazione e creazione dei Talebani

Dopo aver incoraggiato i sovietici ad invadere l'Afganistan,
Brzezinski aveva ora il pretesto per radicalizzare ed armare una
popolazione che in futuro sarebbe stata usata come "minaccia esterna
diretta" nei confronti degli Stati Uniti.
Parte del processo di radicalizzazione comprendeva il lavaggio del
cervello dei bambini, camuffato sotto forma di educazione. Joe
Stephens e David. B. Ottaway del Washington Post riferiscono (pp. 1-
2):
Alla fine della Guerra Fredda, come parte delle attività coperte tese
a spronare la resistenza all'occupazione sovietica, gli Stati Uniti
investirono milioni di dollari allo scopo di fornire agli scolari
afgani libri di testo corredati da violente immagini ed insegnamenti
dei militanti islamisti.
Da allora i "Manuali", pieni di discorsi sulla jihad e corredati da
figure di armi, proiettili, soldati e mine, hanno costituito il
nucleo curricolare del sistema scolastico afgano. Persino i Talebani
utilizzarono i testi prodotti dagli statunitensi, anche se gli
esponenti di tale movimento radicale, per attenersi al proprio rigido
codice fondamentalista, cancellarono i volti umani.
Stephens ed Ottaway delineano le organizzazioni governative ed
educati ve implicate nell'elaborazione di questi libri di testo (p.
4):
I libri di testo, pubblicati nelle predominanti lingue afgane Dari e
Pashtu, furono elaborati agli inizi degli anni '80 grazie ad una
sovvenzione assegnata dall'AID [Agenzia per lo Sviluppo
Internazionale] alla University of Nebraska-Omaha ed al suo Centro
Studi Afgani. Dal 1984 al 1994 l'agenzia investì 51 milioni di
dollari nei programmi educativi dell'università in Afganistan.
Nel contesto di tale progetto, le immagini ed i discorsi violenti
venivano sapientemente mescolati a regolari temi èducativi (p. 4),:
I funzionari dell'agenzia dissero che ai bambini veniva insegnato il
far di conto con l'ausilio di illustrazioni raffiguranti carri
armati, missili e mine; essi riconobbero che all'epoca alimentare
l'odio nei confronti degli invasori stranieri corrispondeva anche
agli interessi, degli Stati Uniti.
L'analisi di uno di questi libri ha portato a dei risultati
sconvolgenti (p. 5):
Un collaboratore della regione ha analizzato un libro di testo di 100
pagine non riveduto e vi ha contato 43 pagine contenenti immagini o
descrizioni violente.
Gli estensori dell'articolo del Washington Post proseguono fornendo
un esempio specifico del materiale, a dir poco aberrante (pp. 5-6):
Una pagina tratta dai libri di testo di quel periodo raffigura un
combattente della resistenza, privo della testa, con una bandoliera
ed un Kalashnikov in spalla. Al di sopra del soldato è riportato un
verso del Corano, mentre al di sotto c'è un tributo in pashtu ai
mujaddin [sic], che vengono descritti come devoti di Allah. Il testo
recita che uomini come questi sacrificheranno i loro averi e la loro
vita per imporre la legge islamica al governo.

Questo progetto di ingegneria sociale riuscì a trasformare i bambini
musulmani in inconsapevoli macchine di morte; molti di essi sarebbero
poi confluiti in Al Qaeda, la rete terroristica capeggiata da Osama
bin Laden.

Bin Laden, erede della fortuna di un'impresa di costruzioni Saudita,
nel 1979 si recò in Afganistan per combattere contro i sovietici ed
infine giunse al vertice di Maktab al-Khidamar, noto anche con
l'acronimo MAK. Fu attraverso questa organizzazione di facciata che
la guerra afgana fu rifornita di denaro, armi e combattenti. Ad ogni
modo, secondo Michael Moran della MSNBC, esistono ulteriori risvolti
della vicenda (p. 2):
Quello che la biografia della CIA
convenientemente evita di specificare (quantomeno nella sua versione
di dominio pubblico) è che il MAK fu alimentato dai servizi di
sicurezza pakistani, l'agenzia di intelligence inter-servizi, o ISI,
cioè il canale principale che la CIA utilizzava per condurre la
guerra coperta contro l'occupazione di Mosca.
Anche a guerra terminata, bin Laden era in buoni rapporti con la CIA
(p. 3):
Anche se è arrivato a rappresentare tutti gli esiti negativi che la
sconsiderata strategia della CIA ha determinato in loco, nel 1989,
alla fine della guerra afgana, bin Laden veniva ancora considerato
dall'agenzia come una specie di dilettante - un ricco ragazzo Saudita
andato in guerra e riaccolto in patria dalla monarchia Saudita, che
egli odiava cordialmente, come una sorta di eroe.
Bin Laden avrebbe in seguito ricevuto da alcune fazioni del governo
tre necessari ausili, elementi essenziali che avrebbero consentito a
lui e ad Al Qaeda di sferrare uno dei peggiori attacchi terroristici
mai concepiti. Gli elementi in questione erano: (1) protezione da
parte di membri assai influenti e ben collocati nel governo; (2)
finanziamenti governativi e (3) addestramento, sempre di matrice
governativa. Personaggi in posizioni di comando erogarono tutto
questo senza battere ciglio.

Amministrazioni sia democratiche sia repubblicane protessero bin
Laden. Per nulla intimidita dagli attacchi di Osama alla USS Gole ed
alle ambasciate, questo neutro patronato protesse efficacemente il
terrorista e la sua rete; il presidente William Jefferson Clinton
tutelò bin Laden e compagni dalle mani della giustizia in Sudan.
Mansoor Ijaz rivelò questa vicenda sul Los Angeles Tunes del 5
dicembre 2001 (Ijaz, p, 1):
Il presidente Clinton ed il suo team per la sicurezza nazionale
tralasciarono molte opportunità di catturare Osama bin Laden ed i
terroristi a lui legati, compresa un'occasione presentatasi lo scorso
anno...
Dal 1996 al 1998 ho aperto canali ufficiosi fra il Sudan e
l'amministrazione Clinton. Ho incontrato funzionari di entrambi i
paesi, compreso Clinton, il consigliere per la sicurezza nazionale
Samuel R. "Sandy" Berger, nonché il presidente ed il capo
dell'intelligence del Sudan
Il presidente Ornar Hassan Ahmed Bashir, il quale desiderava che le
sanzioni per terrorismo contro il Sudan venissero tolte, offri
l'arresto e l'estradizione di bin Laden, nonché particolareggiate
informazioni di intelligence relative alle reti terroristiche globali
allestite dalla Jihad Islamica egiziana, dagli Hezbollah iraniani e
da Hamas in Palestina; fra gli appartenenti a queste reti vi erano i
due dirottatori che pilotarono gli aerei di linea contro il World
Trade Center. Il silenzio dell'amministrazione Clinton nel replicare
a queste offerte fu assordante.

Il Sudan offrì a Bill Clinton l'occasione ideale per arrestare bin
Laden e per prevenire futuri attacchi terroristici. Gli Stati Uniti,
invece, fecero pressioni sul Sudan affinché lo lasciassero
andare, "nonostante la loro [dei sudanesi] sensazione che in Sudan
bin Laden avrebbe potuto essere controllato meglio che altrove" (pp.
1-2). Bin Laden e la sua allegra banda di predoni tagliagole e
assassini presero la strada dell'Afganistan (p. 2):
Bin Laden si trasferì in Afganistan, portandosi al seguito: Ayman
Zawahiri, che gli USA considerano l'ideatore principale degli
attacchi dell'11 settembre; Mamdouh Mahmud Salim, il quale si recò
spesso in Germania onde procurare attrezzature elettroniche per Al
Qaeda; Wadih El-Hage, segretario personale ed emissario itinerante di
bin Laden, il quale ora sta scontando l'ergastolo negli Stati Uniti
per il ruolo avuto negli attentati del 1998 contro le ambasciate
statunitensi in Tanzania e Kenya; infine Fazul Abdullah Mohammed e
Saif Adel,
anch'essi accusati di aver eseguito gli attentati alle ambasciate.
Alcuni di questi personaggi compaiono nella lista dei 22 più
importanti ricercati dall'FBI.

In Afganistan i Talebani protessero bin Laden ed Al Qaeda; questa
collaborazione rivela una strana simmetria. Sia bin Laden che i
Talebani erano poco più che una creazione della CIA. L'esperto di
questioni dell'Asia meridionale Selig Harrison, del Woodrow WIlson
International Center for Scholars, rese noto tutto questo in una
conferenza tenutasi a Londra. Il Ttmes of India riporta le
rivelazioni'di Harrison (p. 1):
LONDRA - Uno dei massimi esperti statunitensi sulle questioni
dell'Asia meridionale ha in questa sede affermato che la Central
Intelligence Agency (CIA) ha lavorato di concerto con il Pakistan al
fine di creare quel "mostro" che oggi sono i Talebani che comandano
in Afganistan.
Nel corso della conferenza tenutasi qui la settimana scorsa sul
tema "Terrorismo e Sicurezza Regionale: la gestione delle sfide in
Asia", Selig Harrison, del Woodrow Wilson International Centre [sic]
for Scholars, ha affermato, "Li avevo avvertiti che stavamo creando
un mostro".

Al cittadino medio statunitense i Talebani potevano apparire come un
gruppo di maniaci dalla faccia patibolare, che costituivano un
governo illegale di fanatici e niente più. Ad ogni modo, Harrison
chiarisce che quello dei Talebani era un progetto di intelligence ben
coordinato (p. 2):
I Talebani non sono soltanto reclute provenienti dalle "madrassas"
(scuole teologiche musulmane) ma si trovano anche sul libro paga
dell'ISI (Intelligence dei Servizi Interni, ovvero la sezione di
intelligence del governo pakistano).

Un'agenda governativa segreta

Il governo disponeva di tutti i mezzi necessari per individuare ed
impedire gli attacchi dell'11 settembre. A tale riguardo il
ricercatore Russ Kick ha reso una significativa dichiarazione (p. 1):
Gli Stati Uniti dispongono della Centrai Intelligence Agency; del
Federal Bureau of Investigation, della National Security Agency,
della Defense Intelligence Agency, del National Reconnaissance
Office, del Secret Service e di una schiera di altre agenzie di
intelligence e per la sicurezza. Le agenzie in questione utilizzano
Echelon, che controlla la maggior parte delle comunicazioni
elettroniche mondiali; Carnivore, che intercetta la posta
elettronica; Tempest, una tecnologia che è in grado di leggere lo
schermo di un computer alla distanza di oltre un isolato; i satelliti
Keyhole, che hanno una risoluzione di quattro pollici; più altre
tecnologie di spionaggio, della maggior parte delle quali con tutta
probabilità non sappiamo nulla.

Nel 2001 gli Stati Uniti hanno speso 30 miliardi di dollari per la
raccolta di informazioni di intelligence ed altri 12 miliardi per
l'antiterrorismo. Alla luce di tutte queste ed altre risorse, noi
dovremmo credere che il governo non abbia avuto il minimo sentore del
fatto che i terroristi stavano progettando di attaccare gli Stati
Uniti, tantomeno dirottare degli aerei e condurli a schiantarsi su
obiettivi così importanti.

Dopo aver esaminato i fatti, bisogna prendere in considerazione una
ben più sinistra possibilità: che determinate fazioni all'interno del
governo degli Stati Uniti abbiano creato la minaccia bin Laden ed
abbiano in realtà auspicato gli attacchi. Che Moran lo comprenda o
meno, il suo articolo dal titolo "Bin Laden Comes Home to Roost" (Bin
Laden --come una maledizione-- ricade sul capo di chi lo
ha "scagliato", ndt) rivela delle prove in base alle quali l'Agenzia
può aver equipaggiato la rete di bin Laden per scopi diversi da
quello di combattere i sovietici (p. 4):
La CIA, sempre attenta alla necessità di giustificare la
propria "missione", verso la metà degli anni '80 disponeva di
riscontri schiaccianti della sempre più grave crisi
dell'infrastruttura dell'Unione Sovietica. La CIA, così come
riconosciuto nel 1992 dal suo vicedirettore Robert Gates nel corso di
un interrogatorio congressuale, aveva deciso di tenere nascoste
quelle prove al presidente Reagan ed ai suoi principali consiglieri
e, nel rapporto annuale sulla "Potenza Militare Sovietica", sino al
1990 continuò invece ad ingrandire esageratamente le capacità
tecnologiche e militari sovietiche.

A questo punto si pone un interrogativo"inquietante; Dato
l'incombente collasso dell'Unione Sovietica e l'inesorabile fine del
comunismo, il coinvolgimento di bin Laden nella crociata contro i
sovietici sembra illogico o, più concisamente, irrilevante. Tuttavia,
nonostante la assiomatica obsolescenza della sua campagna
anticomunista, bin Laden continua a ricevere finanziamenti; poiché
tali finanziamenti non costituivano un investimento per la guerra in
atto contro i sovietici, ci devono essere state ulteriori motivazioni
per tenere in piedi la rete di bin Laden.

Qual era la reale agenda che spinse la CIA a sostenere quello che in
seguito sarebbe diventato un Frankenstein internazionale? Forse la
risposta a tale quesito si trova in The Third Option, libro scritto
da Theodore Shackley, ex vicedirettore associato delle operazioni
della CIA (p. 17):
Funzionari di grado elevato dell'intelligence come il sottoscritto,
esperti in operazioni paramilitari, hanno sempre insistito sul fatto
che gli Stati Uniti dovessero prendere in considerazione anche la
terza opzione: l'utilizzo della guerriglia, di tecniche
antinsurrezione e di azioni coperte per il conseguimento di fini
politici... Molto spesso la guerra politica rappresenta quella scelta
tempestiva che evita poi alternative più sanguinose e costose.
È possibile che gli attacchi dell'11 settembre costituiscano una
concreta attuazione della terza opzione di Shackley; i legami di bin
Laden con la comunità dell'intelligence rafforzano sicuramente questa
tesi. Al Qaeda e bin Laden erano forse considerati come una
componente della terza opzione, volta ad agevolare cambiamenti
politici e sociali negli Stati Uniti?
Prendete in esame una conversazione che ebbe luogo fra l'ex agente
della DEA Michael Levine ed un agente della CIA, la quale suggerisce
che la CIA sia pronta e incline ad utilizzare la terza opzione sul
territorio nazionale. Il colloquio è riportato in The Triangle of
Death (Levine, p. 353):

"Come puoi essere così bravo nello svolgimento dei tuoi compiti ed
avere una così scarsa comprensione di chi manovra i tuoi fili? Non
capisci che all'interno del tuo governo esistono delle fazioni che
vogliono che tutto questo accada - una situazione di emergenza troppo
critica per essere gestita da un governo costituzionale."

"A che scopo?" chiesi.

"Una sospensione della costituzione, ovviamente. La legislazione è
già in vigore. Tutto perfettamente legale. Controlla tu stesso. Si
chiama FEMA, Agenzia Federale Gestione Emergenze. Abbassate le vostre
armi, demagoghi antigovernativi. E chi sarebbe il sovrano, Michael?"

"La CIA", risposi.

Il terrorismo all'interno degli Stati Uniti è uno dei metodi
impiegati per determinare i cambiamenti auspicati dall'amico della
CIA di Levine. Tale fenomeno ha fornito un pretesto per
l'introduzione di leggi e di misure draconiane precedentemente
impensabili. Il deputato Henry Gonzalez ha riconosciuto questo
aspetto con il seguente commento (Cuddy,p.l64):

La realtà della questione è che sono in vigore questi provvedimenti
di sostegno e che, col pretesto di bloccare il terrorismo, tramite i
piani di emergenza legali sarebbe possibile arrestare, fare appello
all'esercito, incarcerare cittadini statunitensi e tenerli rinchiusi
in campi di detenzione.

Aggiungete alla lista dei "piani di emergenza legali" il Patriot Act,
legge approvata come risposta agli attacchi dell'11 settembre.
Secondo il redattore del Washington Post Jim McGee (pp 1-2) la legge
in questione:
...conferisce al governo il potere di alterare lo scopo primario
dell'FBI, cioè quello di occuparsi dei crimini, in quello di gestire
la raccolta di informazioni sul piano interno. Inoltre il
Dipartimento del Tesoro è stato incaricato di allestire un sistema di
raccolta di intelligence finanziaria i cui dati possono essere
consultati dalla CIA.
Aspetto ancor più rilevante, la CIA avrà per la prima volta
l'autorità di influire sulle operazioni di sorveglianza dell'FBI
all'interno degli Stati Uniti e di poter disporre delle prove
acquisite dalle giurie federali dei processi istruttori e dalle
intercettazioni telefoniche.

Il Patriot Act è destinato a trasformare gli Stati Uniti in una
società sotto sorveglianza. La prassi delle intercettazioni
telefoniche si è estesa sino ad invadere la privacy di una più ampia
porzione della popolazione. In nome della lotta al terrorismo, gli
indiscreti occhi del governo sono ora in grado di sorvegliare coloro
che sono semplicemente ritenuti "sospetti". Per di più le
intercettazioni telefoniche non sono più soltanto uno strumento per
le indagini criminali; in base alla suddetta legge sono diventate un
metodo per acquisire informazioni sulla cittadinanza. Sfortunatamente
le sorprese non finiscono qui. Il Patriot Act abolisce anche molti
dei limiti imposti ai poteri della CIA. McGee scrive (p. 4):
La nuova legge conferisce inoltre alla CIA un inedito accesso alla
più potente arma investigativa dell'arsenale dei poteri legali
federali: la giuria federale dei processi istruttori. Tali giurie
dispongono di poteri pressoché illimitati di acquisire segretamente
informazioni, fra cui testimonianze, trascrizioni di intercettazioni
telefoniche, tabulati telefonici, dati medici o finanziari...
Le concessioni della nuova legge consentono all'FBI di passare le
informazioni della giuria alla CIA senza ordinanze della corte, nel
caso in cui tali informazioni riguardino intelligence straniero o
terrorismo internazionale; esse possono essere anche ampiamente
condivise all'interno dell'establishment della sicurezza nazionale...
Tutti i punti di cui sopra portano ad una terrificante conclusione:
all'interno del governo esistono alcune fazioni che considerano il
terrorismo Uno strumento di ingegneria sociale la direzione verso cui
tale "strumento" sta indirizzando la società è persino più spaventosa.

Terrorismo: uno strumento dell'élite dominante

Il terrorismo viene attualmente usato, per conto di un'élite che
vuole preservare ed ampliare il proprio potere, allo scopo di
mantenere la plebaglia nei ranghi. Il sociologo C. Wright Mills, in
The Power Élite, presenta questi potenti personaggi (pp. 3-4):
L'élite di potere è composta da individui le cui posizioni consentono
loro di trascendere le condizioni tipiche di uomini e donne comuni;
costoro dispongono della facoltà di prendere decisioni le cui
conseguenze sono di estrema importanza. Il fatto che essi prendano o
meno tali decisioni riveste un'importanza minore rispetto al fatto
che occupano queste posizioni cruciali: la loro inazione, il loro non
prendere decisioni, è di per sé un atto che spesso ha conseguenze più
rilevanti rispetto alle decisioni che di fatto prendono, in quanto
sono a capo delle principali catene gerarchiche ed organizzazioni
della società moderna; dirigono grandi corporazioni, gestiscono la
macchina statale e ne rivendicano le prerogative, comandano
l'establishment militare, occupano le posizioni strategiche di
comando in seno alla struttura sociale, nella quale sono ora
concentrati i reali mezzi del potere, della ricchezza e della fama di
cui beneficiano.

Parlare di oligarchi potrebbe tendere ad evocare immagini di signori
feudali medievali. L'analisi della Federal Reserve, comunque, mette
in evidenza l'elitarismo vivo e vegeto nella "Terra della Libertà",
gli Stati Uniti. William Greider, ex direttore del Washington Post,
nel suo Secrets of the Temple cita tale analisi (p. 39):
...il 54 per cento dei beni finanziari complessivi era detenuto dal 2
per cento delle famiglie in possesso del maggior ammontare di tali
beni, e l'86 per cento di esso dal 10 per cento più ricco; il 55 per
cento delle famiglie del campione esaminato presentavano utili
corrispondenti a zero o negativi...
Questa concentrazione di ricchezza in così poche mani indica
chiaramente che esiste una classe dominante; è assi ingenuo ritenere
che questa élite non eserciti una forte influenza sul mondo civile.
La Prof.ssa Suzanne Keller, nel suo libro Beyond the Ruling Class:
Strategic Elites In Modern Society, afferma:
L'idea di un ceto sociale che sta al di sopra della massa degli altri
esseri umani può indurre l'approvazione, l'indifferenza o la
disperazione di costoro tuttavia, indipendentemente da tali
sentimenti, rimane il fatto che le vite, le fortune ed il destino di
questi uomini sono e sono stati a lungo dipendenti da quello che un
esiguo numero di individui pensano e fanno.

L'ex direttore della CIA William Colby ravvisò l'esistenza di una
rete di persone di "sangue blu". Quando l'ex senatore del Nebraska ed
eroe della Guerra del Vietnam John W. DeCamp indagava sul
coinvolgimento delle élite nelle violenze su bambini, narcotraffico,
traffico d'armi ed omicidi rituali satanici, Colby lo mise in guardia
dall'aristocrazia occulta e dal loro potere (DeCamp, pp. ix-x):
"Quello che devi comprendere, John, è che a volte vi sono in gioco
forze ed eventi troppo grandi, troppo potenti, che presentano tali
risvolti per altre persone ed istituzioni che non puoi intervenire in
alcun modo per modificarli, indipendentemente da quanto malvagi o
sbagliati siano, da quanto tu sia ben intenzionato e sincero, né
dalla quantità di prove di cui disponi. Si tratta semplicemente di
una delle dure realtà che devi affrontare. Tu hai fatto la tua parte,
hai cercato di smascherare il male e l'illegalità, e ciò ti ha
danneggiato terribilmente. Ma non ti ha ucciso, almeno fino a questo
punto. Ti sto avvertendo di tirartene fuori prima che prima ciò
accada.
A volte per noi le cose sono troppo grandi da gestire, e dobbiamo
farci da parte a lasciare che la storia segua il suo corso."

Probabilmente la principale fonte di informazioni "dall'interno"
deriva da un professore di Oxford (mentore dell'ex presidente Bill
Clinton), l'ultimo Carroll Quigley, il quale, dopo essere stato
vicino alla fazione anglofila, pro-Gran Bretagna dell'élite, scrisse
(p. 950):
Esiste, già da una generazione, una rete anglofila internazionale
che, in qualche misura, opera nel modo in cui la destra radicale
ritiene agiscano i comunisti. Di fatto la rete in questione, che
potremmo identificare come i Gruppi della Tavola Rotonda, non ha
alcuna riluttanza a collaborare con i comunisti, o con qualsiasi
altro gruppo, e lo fa di frequente. Sono a conoscenza delle
operazioni di questo gruppo in quanto lo studio da vent'anni e
perché, agli inizi degli anni '60, mi fu concesso per due anni di
esaminarne documenti ed archivi segreti. Non nutro alcuna avversione
per questo gruppo e per molti dei suoi obiettivi e, per gran parte
della mia esistenza, sono stato molto vicino ad esso ed ai suoi
metodi.
In passato, ed anche di recente, ho obiettato ad alcune delle sue
politiche (nella fattispecie la convinzione che l'Inghilterra fosse
una potenza atlantica piuttosto che europea, e che dovesse essere
alleata o persino federata con gli Stati Uniti e rimanere isolata
dall'Europa) tuttavia, in linea generale, il mio principale
disaccordo verte sul fatto che tale gruppo desidera rimanere ignoto,
mentre io sono convinto che il suo ruolo storico sia abbastanza
rilevante da essere reso noto.

Quigley inoltre ci informa che la classe dominante ha un'opinione
assai bassa della gente comune, e dà voce a questo sentimento
elitario quando fa riferimento ai comuni cittadini con il termine
di "piccola borghesia..." (pp. 1243-1244).
Allora come mai la gran massa dell'umanità è ignara della presenza
degli oligarchi al suo interno? Daniel Pouzzner, in The Architecture
of Modern Political Power, spiega il perché (p. 16):
Il potere costituito si ammanta di una mimetizzazione culturale,
utilizzando tattiche per le quali mantiene senza soluzione di
continuità una plausibile negabilità. Una sottile, onnipresente e
spesso non esplicita propaganda promuove presso l'opinione pubblica
un'estesa fiducia ed accettazione dell'autorità dell'establishment,
nonché delle definizioni di quest'ultimo di bene e male, impedendo
così al pubblico di valutare seriamente la realtà che spesso è
l'establishment stesso il male per definizione. Il potere costituito
ribadisce il mantra secondo cui il presidente degli Stati Uniti è "il
leader del mondo libero", tuttavia un mondo libero non ha un leader.
Il presidente degli Stati Uniti è semplicemente la più evidente punta
avanzata dell'autorità dell'establishment, e acquisisce forza a spese
della libertà del mondo.

In genere, un pubblico distratto attribuisce i risultati delle
intriganti attività dell'establishment ad eventualità fortuite,
oppure a motivazioni considerate in quanto essenzialmente innocue od
oneste. Il progetto diviene irrefutabilmente chiaro solo nel contesto
degli esiti, oppure indicando le effettive prove dell'ingerenza. il
pubblico è stato sistematicamente condizionato ad ignorare tali
contesti, e a condannare coloro che richiamano l'attenzione su di
essi (chiamandoli in modo derisorio "teorici della cospirazione").
Così, il controllo dell'accesso e della diffusione delle informazioni
che costituiscono il riscontro dell'ingerenza in larga parte bastano
a proteggere il programma dell'establishment dallo smascheramento. La
compartimentalizzazione dell'apparato occulto dell'establishment
assicura che le eventuali rivelazioni che dovessero venire alla luce
provochino solo danni limitati.

I legami fra la famiglia Bush e la famiglia bin Laden

Esistono dei collegamenti fra le élite di potere e l'attuale rete
terroristica? La risposta a questo interrogativo va ricercata nella
dinastia Bush. Bush senior e Bush junior non possono essere ascritti
al novero dei presidenti della stoffa di un Lincoln; non provengono
da ambienti dei ceti più bassi e di modesta origine. L'approfondita
indagine di Webster Tarpley e Anton Chaitkin su George senior, che ha
prodotto l'eccellènte libro George Bush; The Unauthorized
Biography, li ha portati alla seguente conclusione (p. 9):
Una delle nostre tesi fondamentali è che George Bush [Senior] sia e
consideri sé stesso un oligarca.

In un articolo apparso sul Daily Mail di Londra, Peter Allen rileva
una connessione fra George W. Bush e Salem bin Laden, fratello di
Osama (pp. 1-2):
Incredibilmente Salem è giunto ad essere socio d'affari dell'uomo che
sta dirigendo la caccia a suo fratello. Negli anni '70, Salem e
George W. Bush furono i fondatori della compagnia petrolifera Arbusto
Energy proprio in Texas, lo stato di provenienza di Mr. Bush.
Mentre edificava il proprio impero commerciale, Salem bin Laden ebbe
una curiosa relazione d'affari con il futuro presidente; nel 1978
nominò suo rappresentante a Houston, Texas, tale James Bath, amico
intimo di Bush, che aveva prestato servizio assieme allo stesso Bush
nella Guardia Aerea Nazionale. Fu in quell'anno che Mr. Bath investì
50.000 dollari... nella Arbusto, società 'di Mr. Bush. Non fu mai
reso noto se il denaro investito era suo o di qualcun altro, e si
ipotizzò persino che tale somma potesse provenire da Salem. Quello
stesso anno Mr. Bath acquistò per conto del multimilionario Saudita
il Gulf Airport di Houston.
Tre anni fa Mr. Bush affermò che l'investimento di 50.000 dollari
nella Arbusto fu l'unica transazione finanziaria realizzata con Mr.
Bath.
Il legame fra la famiglia Bush e quella dei bin Laden non finisce con
la Arbusto Energy.
Greg Palast, nel corso del programma della BBC Newsnight,
ha affermato (p. 5):
Il giovane George ricevette dei compensi anche in qualità di
direttore di una poco nota società privata, consociata della Carlyle
Corporation, la quale, nel volgere di pochi anni dalla sua
costituzione, divenne uno dei massimi appaltatori statunitensi per la
difesa; anche Bush padre è un consulente stipendiato. Ciò che diventò
maggiormente imbarazzante fu la rivelazione che i bin Laden avevano
una compartecipazione nella Carlyle, liquidata proprio all'indomani
dell'l1 settembre.

Questi legami affaristici potrebbero spiegare il motivo per cui
l'amministrazione Bush frustrò i tentativi dell'FBI di svolgere
indagini su Abdullah e Ornar bin Laden, indagini che avrebbero potuto
dimostrare che Osama non era affatto la "pecora nera" della famiglia,
bensì che in realtà il terrorismo era l'ambito affaristico della
famiglia bin Laden. Tutto questo avrebbe associato la famiglia Bush
ai terroristi, cosa che l'attuale presidente non poteva permettere
che accadesse.

Per i neo-conservatori, il ritratto della famiglia Bush in quanto
cartello criminale legato a discutibili personaggi è riprovevole;
tale tesi, comunque, si può basare su di un importante precedente.

Le indagini di Webster Tarpley e Anton Chaitkin sugli ambienti
dell'ex presidente George Herbert Walker Bush ha portato ad una
sorprendente scoperta: che "la fortuna di famiglia del presidente era
in gran parte il risultato del progetto Hitler" (p. 28).

I legami della dinastia Bush con i bin Laden indicano che le
collusioni della famiglia Bush con i nemici degli Stati Uniti non
hanno mai avuto termine.

Un progetto sociopolitico patrocinato dallo stato

Riesaminando il succitato assunto di Martin-Barò, ovvero che il
terrorismo è parte integrante di un "progetto sociopolitico imposto
dal governo", si pongono alcuni interrogativi assai inquietanti.

Quale sarà l'esito di tale "progetto sociopolitico imposto dal
governo"? Dove ci sta portando esattamente questo terrorismo
patrocinato dal governo?

In Tragedy and Hope, Quigley ci fornisce un frammentario scorcio
sugli esiti. Il professore di Oxford rivela che una élite cognitiva,
arbitrariamente denominata "esperti", "sostituirà l'elettorato
democratico che controlla il sistema politico" (p. 886).

Una volta eliminata dal quadro generale la rappresentanza della massa
dei cittadini, che genere di esistenza può aspettarsi di condurre
l'uomo comune? Quigley (p. 886) sostiene che si affermeràun sistema
nel quale:

...la libertà e le scelte individuali verranno limitate entro
alternative assai ristrette dal fatto che ogni individuo sarà
numerato sin dalla nascita e, in quanto numero, sarà seguito
attraverso il suo percorso formativo, il suo servizio militare o
pubblico obbligatorio, il suo regime fiscale, i suoi requisiti medici
e sanitari, sino alla pensione ed infine alla morte.

Ecco fatto! 1984 di George Orwell allestito nello stile di Al Qaeda!


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A proposito dell' Autore:

Paul D. Collins studia da circa undici anni la storia soppressa e le
oscure correnti sotterranee delle dinamiche politiche mondiali.
Nel 1999 ha conseguito il Diploma in Arti e Scienze e ben presto sarà
laureato in Comunicazione e Scienze Politiche complementari.
Il libro di Paul, The Hidden Face of Terrorism: The Dark Side of
Social Engineering, From Antiquity to September 11, è disponibile on
line presso
www.lstbooks.com/bookviewI13401
http://www.barnesandnoble.com
http://www.amazon.com
può inoltre essere acquistato come e-book (ISBN 14033-6798-1) o nel
formato in brossura (ISBN 1-4O33-6799-X).