NOZIONI DI PROSODIA

 

1.     LEGGE DEL TRISILLABISMO: l’accento latino non cade mai oltre la terzultima sillaba.

2.     BARITONESI: l’accento latino non cade mai sull’ultima sillaba (tranne nei monosillabi).

3.     LEGGE DELLA PENULTIMA SILLABA: nelle parole di tre o più sillabe, se la penultima sillaba è breve, l’accento cade sulla terzultima (légere); se è lunga, l’accento cade su di essa (monére).

4.     VOCALIS ANTE VOCALEM CORRIPITUR: nell’interno della parola, è breve la sillaba che termina in vocale ed è seguita da vocale (deus).

5.     SILLABA LUNGA PER POSIZIONE: la sillaba che termina in vocale seguita da due o più consonanti o dalle consonanti doppie x e z (mens, fruitur vita) è lunga per posizione. Se le due consonanti sono una muta e una liquida, in genere non c’è posizione (tenebrae).

6.     I DITTONGHI (AU, AE, OE) sono lunghi per natura (laudo, rosae, poena). Raramente formano dittongo eu, ei, ui; non formano mai dittongo io, ia, ie.

7.     DIERESI: quando ae ed oe non formano dittongo, si pronunciano separati e sulla seconda vocale si pone il segno della dieresi (poeta)

8.     QUANTITA’ DELLE SILLABE FINALI:

·        Sillabe che escono in vocale.

-a è lungo, tranne nel nominativo, accusativo e vocativo (lauda, rosa (abl.), rosa (nom.), maria. Fanno eccezione quia e ita.

-e è breve, tranne nell’imperativo (mone), nell’ablativo singolare della quinta declinazione (die), negli avverbi derivati dagli aggettivi della seconda classe (fanno eccezione: bene, male, temere, saepe, impune).

-i è lungo, tranne nel vocativo e dativo dei nomi greci (Palladi (dat), Pieri (voc.); è ancipite in mihi,tibi, sibi,ibi, ubi.

-o è lungo, tranne nell’ablativo del gerundio, nella prima persona singolare dell’indicativo presente, futuro semplice e anteriore e nella seconda persona singolare dell’imperativo futuro.

-u è lungo.

-y è breve.

·        Sillabe che escono in consonante.

Le sillabe finali che terminano in consonante, ad eccezione di s e c, sono brevi; quelle che terminano in c sono lunghe; quelle che terminano in s sono alcune lunghe alcune brevi.

 

·        Monosillabi.

I monosillabi che escono in vocale sono lunghi; quelli che escono in consonante sono alcuni brevi alcuni lunghi.

·        Enclitiche.

Le enclitiche, che formano un tutto con le parole a cui si appoggiano, sono brevi.

9.     VOCALIS ANTE VOCALEM ELIDITUR: una sillaba finale in vocale o in –m si elide davanti a parola cominciante per vocale o per h (ante oculos, quantum erat); con es, est cade la e (ita es, ita est).

10.            IATO: quando non c’è elisione (o et, di ament).

11.           L’H non conta come consonante, ma indica una semplice aspirazione.

12.           LA I è semiconsonante quando si trova all’interno di una parola tra due vocali (aio) o all’inizio di una parola seguita da vocale (iuventus)

 

METRICA

ESAMETRO

L’esametro dattilico (così detto perché il 5° piede è sempre un dattilo) è una esapodia catalettica in disyllabum, composto da 6 piedi: i primi 4 possono essere dattili o spondei, il 5° è sempre dattilo, il sesto può essere spondeo o trocheo. Ecco lo schema:

                              _         _         _        _

-    , -    , -    , -    , -     , - -

        1             2             3             4             5             6

 

L’esametro è un verso abbastanza lungo e non si può leggere tutto di un fiato; per questo occorre fare una pausa nel corso del verso. Questa pausa ritmica si chiama cesura e va fatta sempre alla fine di una parola e nel mezzo di un piede. La cesura può essere maschile o femminile:

·        è maschile quando cade dopo una sillaba in arsi;

·        è femminile quando cade dopo una sillaba in tesi.

Le cesure principali dell’esametro latino sono la semiquinaria (pentemimera), la semisettenaria (eftemimera), e quella del terzo trocheo. Poi vi sono le cesure secondarie: tritemimera e seconda trocaica. Eccole nel dettaglio:

·        la cesura semiquinaria è quella che cade dopo l’arsi del terzo piede (dopo il quinto mezzo piede):

 

       semiquinaria

                                     _        _         _         _

-    , -    , -    , -    , -     , - -

        1             2             3             4             5             6

 

·        la cesura semisettenaria è quella che cade dopo l’arsi del quarto piede (dopo il settimo mezzo piede):

       semisettenaria

       _        _         _         _

-    , -    , -    , -    , -     , - -

        1             2             3             4             5             6

 

·        la cesura del terzo trocheo è quella che cade dopo la prima breve del terzo piede che deve essere quindi un dattilo:

          terzo trocheo

       _         _         _        _

-    , -    , -    , -    , -     , - -

        1             2             3             4             5             6

 

·        la cesura tritemimera è quella che cade dopo l’arsi del secondo piede (dopo il terzo mezzo piede):

      tritemimera

       _         _        _         _

-    , -    , -    , -    , -     , - -

        1             2             3             4             5             6

 

·        la cesura del secondo trocheo è quella che cade dopo la prima breve del secondo piede che deve essere un dattilo:

       secondo trocheo

       _         _        _         _

-    , -    , -    , -    , -     , - -

        1             2             3             4             5             6

 

N. B. Le cesure secondarie non si trovano mai da sole, ma  servono di appoggio alle principali.

 

 

 

 

GEORGICA, I  vv.311 e segg.

 

Quid tempestates autumni et sidera dicam

atque ubi iam breviorque dies et mollior aestas

quae vigilanda viris? Vel cum ruit imbriferum ver,

spicea iam campis cum messis inhorruit et cum

frumenta in viridi stipula lactentia turgent.

Saepe ego cum flavis messorem induceret arvis

Agricola et fragili iam stingeret hordea culmo,

omnia ventorum concurrere proelia vidi,

quae gravidam late segetem ab radicibus imis

sublimem expulsam eruerent, ita turbine nigro

ferret hiems culmumque levem stipulasque volantes.

Saepe etiam immensum caelo venit agmen aquarum

et foedam glomerant tempestatem imbribus atris

collectae ex alto nubes, ruit arduus aether

et pluvia ingenti sata laeta boumque labores

diluit, implentur fossae et cava flumina crescunt

cum sonitu fervetque fretis spirsntibus aequor.

Ipse pater media nimborum in nocte corusca

fulmina molitur dextra; quo maxima motu

terra tremit, fugere fera et mortalia corda

per gentes humilis stravit pavor. Ille flagranti

aut Athon aut Rhodopen aut alta Ceraunia telo

deicit: ingeminant austri et densissimus imber

nunc nemora ingenti vento, nunc litora plangit.

Hoc metuens caeli menses et sidera serva,

frigida Saturni sese quo stella receptet,

quos ignis caelo Cillenius erret in orbes.

PENTAMETRO DATTILICO

Il pentametro dattilico è un esametro dattilico composto di due membri (colon) catalettici in sillaba. Ecco lo schema:

 

                                         _         _               

-    , -    , -   -    , -     , -

              1             2          3         4             5          6

 

Nel secondo colon non è ammessa la sostituzione  dello spondeo al dattilo, per cui la scansione riesce più facile, essendo, appunto, il secondo colon a schema fisso (7 sillabe).

La cesura è la semiquinaria.

 

DISTICO ELEGIACO

Il pentametro non si usa mai da solo, ma in unione sempre con un esametro, col quale forma il distico elegiaco:

 

                               _        _         _        _

-    , -    , -    , -    , -     , - -   esametro

                                           1             2             3             4             5             6

distico elegiaco

                                  _         _               

    -    , -    , -   -    , -     , -     pentametro

     1             2          3         4             5          6

 

 


Divitias alius fulvo sibi congerat auro

       et teneat culti iugera multa soli,

quem labor adsiduus vicino terreat hoste,

       Martia cum somnos classica pulsa fugent.

Me mea paupertas vita traducat inerti,

       dum meus adsiduo luceat igne focus.

Ipse seram teneras maturo tempore vites

       rusticus et facili grandia poma manu:

nec Spes destituat, sed frugum semper acervos

       praebeat et pleno pinguia musta lacu.

Nam veneror, seu stipes habet desertus in agris

       seu vetus in trivio florea serta lapis:

et quodcumque mihi pomum novus educat annus,

       libatum agricolam ponitur ante deum.

Flava Ceres, tibi sit nostro de rure corona

       spicea, quae templi pendeat ante fores:

pomosisque ruber custos ponatur in hortis

       terreat ut saeva falce Priapus aves.

Vos quoque felicis quondam nunc pauperis agri,

       custodes fertis munera vestra Lares.

Tunc vitula innumeros lustrabat caesa iuvencos:

nunc agna exigui est hostia parva soli.

Agna cadet vobis, quam circum rustica pubes

       clamet: “Io! Messes et bona vita date!”  

Iam modo iam possim contentus vivere parvo

       Nec semper longae deditus essse viae,

sed Canis aestivos ortus vitare sub umbra

       arboris ad rivos praetereuntis aquae.

Aut stimulo tardos increpuisse boves

Desertum oblita matre referre domum

Parcite de magno est praeda petenda grege

Et placidam soleo spargere lacte Palem

Dona nec e puris spernite fictilibus

Pocula de facili composuitque luto

Quos tulit antiquo condita messis avo

Si licet et solito membra levare toro

Securus somnos imbre iuvante sequi

Qui maris et tristes ferre potest fluvias

Quam fleat ob nostras ulla puella vias

Ut domus hostiles praeferat exuvias

Ite procul cupidis vulnera ferte viris


METRICA DI CATULLO

·      ESAMETRO DATTILICO

                                     _         _         _        _

-    , -    , -    , -    , -     , - -

        1             2             3             4             5             6

 

    Carmi 62 e 64.

·        DISTICO ELEGIACO

                               _        _         _        _

-    , -    , -    , -    , -     , - -   esametro

                                           1             2             3             4             5             6

distico elegiaco

                                  _         _               

    -    , -    , -   -    , -     , -     pentametro

     1             2          3         4             5          6

 

  Carmi 65 – 116.

·       TRIMETRO GIAMBICO PURO

E’ formato da sei giambi raggruppati a due a due. La cesura cade dopo la terza o la quarta tesi.

-   -,   -   -,   -   -

  Carmi 4 e 29.

 

·       TRIMETRO IPPONATTEO (COLIAMBO O SCAZONTE)

E’ un trimetro giambico impuro: il primo e il terzo piede possono essere spondei, l’ultimo piede è sempre trocheo o spondeo e il cambiamento di ritmo gli dà alla fine una cadenza zoppicante (coliambo = giambo zoppo; scazonte da skazo = zoppico). La cesura cade dopo la terza o la quarta tesi.

-   -,   -   -,   -  - -

Carmi 8,22, 31, 37, 39, 44, 59, 60.

·       ENDECASILLABO FALECIO

E’ formato da una pentapodia dattilico-trocaica con il dattilo in seconda sede. La base (primo piede) è generalmente spondaica. La cesura è per lo più semiquinaria.

- -, -    , -  , -  , -

 

Carmi 1,2,5-7,9,10,12-16,21,23,24,26-28,32,33,35,36,38,40-43,45-50,53-58A.

 

·       STROFE SAFFICA

E’ una strofe di quattro versi: i primi tre endecasillabi saffici minori, il quarto un adonio. L’endecasillabo saffico minore è una pentapodia dattilico trocaica col dattilo in terza sede. L’adonio è un dimetro dattilico catalettico.

-  , -  , -    , -  , - 

-  , -  , -    , -  , -

-  , -  , -    , -  , -

-    , - -

Carmi 11, 51

 

 

BIBLIOGRAFIA

M. LENCHANTIN DE GUBERNATIS, Manuale di prosodia e metrica latina, Giuseppe Principato, Milano.

 

CATULLO, Le poesie a cura di Francesco Della Corte, Arnoldo Mondadori


TRIMETRO GIAMBICO PURO

Phasellus ille quem videtis hospites

Ait fuisse navium celerrimus

Neque ullius natantis impetum trabis

Nequisse praeterire sive palmulis

Opus foret volare sive linteo.

Et hoc negat minacis Adriatici

Negare litus insulasve Cycladas

Rhodumque nobilem horridamque Thraciam

Propontida trucemve Ponticum sinum,

ubi iste post phasellus antea fuit

comata silva; nam Cytorio in iugo

loquente saepe sibilum edidit coma.

Sed haec prius fuere; nunc recondita

senet quiete seque dedicat tibi,

gemelle Castor et gemelle Castoris.


TRIMETRO IPPONATTEO (COLIAMBO O SCAZONTE)

Miser Catulle, desinas ineptire,

et quod vides perisse perditum ducas.

Fulsere quondam canddidi tibi soles,

cum ventitabas quo puella ducebat

amata nobis quantum amabitur nulla.

Ibi illa multa tum iocosa fiebant,

quae tu volebas nec puella nolebat

(fulsere vere candidi tibi soles).

Nunc iam illa non volt; tu quoque, impotens, noli,

nec quae fugit sectarer, nec miser vive,

sed obstinata mente perfer, obdura.

Vale puella. Iam Catullus obdurat,

nec te requiret nec rogabit invitam:

at tu dolebis cum rogaberis nulla.


ENDECASILLABO FALECIO

Vivamus, mea Lesbia, atque amemus,

rumoresque senum severiorum

omnes unius aestimemus assis.

Soles occidere et redire possunt;

nobis cum semel occidit brevis lux,

nox est perpetua una dormienda.

Da mi basia mille, deinde centum,

dein mille altera, dein secunda centum,

deinde usque altera mille, deinde centum;

dei, cum  milia multa fecerimus,

conturbabimus illa, ne sciamus,

aut ne quis malus invidere possit,

cum tantum sciat esse basiorum.


STROFE SAFFICA

Furi et Aureli, comites Catulli,

sive in extremos penetrabit Indos,

litus ut longe resonare Eoa

         tunditur unda,

 

sive in Hircanos Arabasve molles,

seu Sagas sagittiferosve Parthos,

sive quae septemgeminus colorat

 

         aequora Nilus,

 

sive trans altas gradietur Alpes,

Caesaris visens monimenta magni,

Gallicum, Rhenum, horribilesque ulti-

         mosque Britannos


METRICA DI ORAZIO

Nelle Odi di Orazio si hanno composizioni monostiche composte di versi tutti uguali, sistemi distici composti di due versi differenti e sistemi tetrastici.

 

·       SISTEMA ASCLEPIADEO PRIMO

E’ una composizione monostica composta di asclepiadei minori. L’asclepiadeo minore (così chiamato da Asclepiade, poeta greco del III sec. a. C.) è formato da una tripodia dattilica catalettica con la base sempre spondaica e da una dipodia dattilica. La cesura divide i due membri:

_ _, _    ,_  _    , _   _

 

I,1; III,30; IV,8.

 

·       SISTEMA ASCLEPIADEO SECONDO

E’ una composizione tetrastica composta di tre asclepiadei minori e un gliconeo.

Il gliconeo (dal nome del poeta greco Glicone) è formato da una base spondaica, un dattilo e una dipodia trocaica catalettica:

_ _,_    , _   _ 

 

Ecco lo schema del sistema:

_ _,_    , _  _    , _   _

_ _,_    , _  _    , _   _

_ _,_    , _  _    , _  _

_ _,_    , _    _

 

I,6,15,24,33; II,12; III,10,16; IV,5,12.


·       SISTEMA ASCLEPIADEO TERZO

E’ una composizione tetrastica composta di due asclepiadei minori, un ferecrateo e un gliconeo.

Il ferecrateo (dal nome di Ferecrate, comico greco della seconda metà del V sec. a. C.) è formato da una base spondaica, un dattilo e uno spondeo:

_ _,_    , _ _

 

Ecco lo schema del sistema:

_ _,_    , _  _    , _   _

_ _,_    , _  _    , _   _

_ _,_    , _ _

_ _,_    , _  _

 

I,5,14,21,23; III,7,13; IV,13.

 

·       SISTEMA ASCLEPIADEO QUARTO

E’ una composizione distica composta di un gliconeo e un asclepiadeo minore:

_ _,_    , _   _ 

_ _,_    , _  _    , _   _

 

I,3,13,19,36; III,9,15,19,24,25,28; IV,1,3.

 

·       SISTEMA ASCLEPIADEO QUINTO

E’ una composizione monostica composta di asclepiadei maggiori.

L’asclepiadeo maggiore è costituito da un asclepiadeo minore con l’inserzione di un coriambo (-    -):

- -, -    , -  -    -  -    ,-  -

 

I,11,18; IV,10.


 

·        SISTEMA SAFFICO MINORE

·        SISTEMA SAFFICO MAGGIORE

·        SISTEMA ALCAICO

·        SISTEMA ARCHILOCHIO PRIMO

·        SISTEMA ARCHILOCHIO SECONDO

·        SISTEMA ARCHILOCHIO TERZO

·        SISTEMA IPPONATTEO


Sistema asclepiadeo primo I,1

 

Maecenas atavis edite regibus,

o et praesidiun et dulce decus meum,

sunt quos curriculo pulverem Olympicum

collegisse iuvat, metaque fervidis

evitata rotis palmaque nobilis

terrarum dominos evehit ad deos;

hunc, si mobilium turba Quiritium

certat tergeminis tollere honoribus;

illum, si proprio condidit horreo

quidquid de Libycis verritur areis.

gaudentem patrios findere sarculo

agros Attalicis condicionibus

numquam dimoveas it trabe Cypria

Myrtoum pavidus nauta secet mare.


Sistema asclepiadeo secondo I,6

Scriberis Vario fortis et hostium

victor Maeonii carminis alite,

quam rem cumque ferox navibus aut uquis

miles te duce gesserit:

 

nos, Agrippa, neque haec dicere nec gravem

Pelidae stomachum cedere nescii

nec cursus duplicis per mare Ulixei

         nec saevam Pelopis domum

 

conamur, tenues grandia, dum pudor

imbellisque lyrae Musa potens vetat

laudes egregii Caesaris et tuas

culpa deterere ingeni.


 Sistema asclepiadeo terzo I,21

Dianam tenerae dicite virgines,

intonsum, pueri, dicite Cyntium

         Latonamque supremo

            dilectam penitus Iovi .

 

Vos laetam fluviis et nemorum coma,

quaecumque aut gelido prominet Algido

         nigris aut Erymanthi

            silvis aut viridis Cragi.

 

Vos Tempte totidem tollite laudibus

natalemque, mares, Delon Apollinis,

          insignemque pharetra

            fraternaque umerum lyra.


Sistema asclepiadeo quarto I,3

Sic te diva potens Cypri,

sic fratres Helenae, lucida ssidera,

         ventorumque regat pater

obstrictis aliis praeter Iapyga,

         navis, quae tibi creditum

debes Vergilium, finibus Atticis

         reddas incolumem precor,

et serves animae dimidium meae.

         Illi robur et ae\s triplex

circa pectus erat, qui fragilem truci

         Commisit pelago ratem

primus, nec timuit praecipitem Africum

         Decertantem Aquilonibus

nec tristis Hyads nec rabiem Noti


Sistema asclepiadeo quinto I,11

Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi

Finem di dederint, Leuconoe, nec Babylionos

Temptaris numeros. Ut melius, quidquid erit, pati,

seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,

quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare

Tyrrenum: sapias, vina liques, et spatio brevi

Spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida

Aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.