GRAN BRETAGNA – Un gruppo di ricercatori
della Southampton University ha evidenziato un collegamento
tra il Q.I. e la scelta dietetica e ideologica dell’essere
vegetariani. Secondo gli studiosi, su un campione di 8.179
persone, coloro che hanno scelto di rinunciare alla carne
avevano da bambini un quoziente di intelligenza di 106
punti, contro i 101 punti dei non vegetariani. Proporzioni
simili anche per le donne, che registrano un punteggio medio
di 104 tra le vegetariane e di 99 tra le non vegetariane. La
tesi è azzardata e porterebbe al facile sillogismo secondo
il quale la scelta di non mangiare proteine animali
coinciderebbe con una maggior capacità intellettiva. Che si
tratti di vegani o di ovo-vegetariani non fa molta
differenza: comunque la si giri, coloro che aderiscono a
questa filosofia hanno in media 5 punti in più di Q.I.
LE INTERPRETAZIONI - Detto questo, i dati
si aprono a varie interpretazioni. Per Liz O’Neill, della
Vegetarian Society, si è sempre saputo che il
vegetarianismo è una scelta intelligente, di compassione
(nel senso etimologico di «patire insieme») e di grande
solidarietà nei confronti degli animali, dell’ambiente e
della gente. Come sosteneva oltre un secolo fa il guru
indiano Sri Yukteswar, maestro di Paramahansa Yogananda, il
corpo umano sembra essere stato creato per un'alimentazione
a base di cereali, frutta, radici commestibili e bevande
come il latte; a questo si aggiunge che l’essere umano non
produce le stesse quantità di succhi gastrici dei
carnivori. Dunque la bistecca è piena di controindicazioni
e rinunciarvi sarebbe una scelta coscienziosa. Ma non tutti
sono d’accordo sui termini dell’equazione, ammesso che
la totale assenza di carne sia sempre e comunque salutare
per l’organismo. Per il dottor Frankie Phillips, della
Brtish Dietetic Association, non è esatto sostenere che gli
individui diventano vegetariani perché hanno un alto
quoziente d’intelligenza e forse sarebbe meglio dire che
in generale le persone intellettualmente dotate tendono a
prendersi cura maggiormente della propria salute.
QUESTIONE DI REDDITO? - Va fatta in ogni
caso una doverosa quanto banale precisazione: il
vegetarianismo è comune tra persone mediamente più colte e
agiate che si concedono il lusso di scegliere e, di
conseguenza, più stimolate intellettualmente, che non
significa che questo atteggiamento coincida con la cultura,
con la ricchezza o con l’intelligenza, ma semplicemente
che il problema della scelta alimentare non è avvertito
(comprensibilmente) tra i poveri. È un po’ come dire che
la depressione è un male delle civiltà opulente e colte,
poiché i poveri non hanno il tempo di deprimersi. Ma dire
che il depresso è colto e intelligente è un’altra cosa
ancora e con queste forme di argomentazione logica bisogna
andare molto cauti. Senza contare che una dieta ricca di
proteine è fondamentale per lo sviluppo anche cerebrale dei
bambini e solo una dieta vegetariana perfettamente
strutturata è in grado di assicurare la quantità di
aminoacidi essenzali, più importanti che mai nelle fasi
dello sviluppo.
Emanuela Di Pasqua