IL PRESIDENTE LIBICO GHEDDAFI SI SCAGLIA CONTRO L'ITALIA
Il dittatore: «La folla a Bengasi
voleva uccidere il console italiano»
Gheddafi: non escludo altri attacchi a
Italia
In un discorso il leader libico
minaccia il nostro Paese: se Roma si rifiuterà di
indennizzare Tripoli ci saranno altre aggressioni
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ROMA
- Il passo avanti e i due indietro che caratterizzano da
tempo i rapporti tra Italia e Libia sembrano essersi trasformati
ieri in un salto all'indietro. La nota con la quale il governo
di Silvio Berlusconi, il 23 febbraio, faceva capire di essere
disposto a concordare con Tripoli nuove misure volte a «chiudere
definitivamente» il capitolo del «passato coloniale» non è
bastata.
Muammar Gheddafi, ieri, ha lanciato un avviso: dopo l'assalto di due settimane fa al consolato italiano a Bengasi, se il suo Paese non riceverà una compensazione adeguata per quel periodo del XX secolo, non vanno esclusi altri attacchi. Il Colonnello ne attribuisce il pericolo a passioni del suo popolo nate prima dello sdegno per le vignette danesi su Maometto e della loro riproduzione sulla maglietta del leghista Roberto Calderoli: «I libici odiano l'Italia, non la Danimarca. I libici cercano qualsiasi occasione per sfogare la loro rabbia contro l'Italia dal 1911, quando l'Italia occupò la Libia». Il Colonnello ha parlato così, stando all'agenzia britannica Reuters, davanti a alti funzionari governativi e suoi sostenitori riuniti a Sirte. Benché il Leader sia abituato a elargire colpi di scena, era da tempo che non ricorreva a toni così drastici verso l'Italia. E oggi la Farnesina non avrà un ambasciatore da convocare per chiedere spiegazioni: l'ultimo che il Colonnello aveva accreditato presso il Quirinale non viene sostituito da oltre un anno. Non ci sono problemi con la Libia, aveva sostenuto Berlusconi su Al Jazira. Oltre all'avvertimento, il Colonnello ha fornito dettagli non rassicuranti su che cos'altro sarebbe potuto succedere a Bengasi il 17 febbraio, il giorno nel quale la sua polizia salvò la rappresentanza italiana e ammazzò almeno 11 dimostranti, definiti poi «martiri». «I contestatori erano decisi a uccidere il console e la sua famiglia, quando attaccarono il consolato italiano. Non presero di mira la Danimarca perché non hanno nessuna idea della Danimarca», ha dichiarato Gheddafi. Mentre il suo ufficio, poi distrutto, resta chiuso il console Giovanni Pirrello si trova in Italia. Ha perso la madre. Strano rimpiattino, quello sulle cause dell'assalto. Finora, la Giamahiria non lo aveva messo in relazione al colonialismo. Con Calderoli ancora ministro delle Riforme, la Farnesina lo aveva addebitato alla rabbia verso le vignette. Prima di riconoscere che gli assaltatori ce l'avevano con Calderoli, il ministro degli Esteri Gianfranco Fini aveva parlato di un tentativo di «destabilizzare» il regime di Gheddafi. Tripoli non aveva gradito. «La ragione è il fatto che l'Italia non ha indennizzato i libici per le loro sofferenze», ha affermato ieri il Colonnello. Non deve essere un caso che l'abbia detto nello stesso giorno nel quale ha liberato ottantaquattro Fratelli musulmani arrestati dagli anni '90. Tra questi, cinquantacinque sono tornati a Bengasi. La Farnesina, ieri, ha preso tempo. Per una reazione, aspetta la traduzione del discorso di Gheddafi, trasmesso in diretta dalla tv di Stato.
Maurizio Caprara
03 marzo 2006
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ULTIMISSIME
Danni alla Libia: la rivendicazione
Il Corriere della Sera
9 marzo 2006
Luciano Carbognani
L'annuale rivendicazione di Gheddafi per la riparazione dei danni della guerra coloniale, orchestrata da Giolitti nel 1911 e perpetuata con l'invasione fascista, è armata puntualmente. Non possiamo essere responsabili degli atti dei nostri progenitori, perché se lo facessimo e soddisfatta questa richiesta, Gheddafi ci chiederà anche di far fronte alle riparazioni conseguenti alla dominazione romana dopo la battaglia di Zama. Inoltre i 20.000 italiani, figli di seconda o terza generazione, che furono costretti a lasciare la Libia dal 1970, dovrebbero essere risarciti per la confisca dei beni che hanno accumulato onestamente con il loro lavoro, costruendo strade, ospedali e infrastrutture. Sfortunatamente l'Italia è vincolata non solo dalle forniture di petrolio, gas, ma anche dalla minaccia dei clandestini che la Libia riverserebbe, come in passato, sulle nostre coste. Non vi è alternativa al dialogo con un Paese che figura nell'elenco dell'Islam moderato, ma se riteniamo di porger e la guancia, ricordiamoci che ne abbiamo solo due a disposizione.
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IL PRESIDENTE GHEDDAFI E' TORNATO A RICHIEDERE LA RIVENDICAZIONE PER LA RIPARAZIONE DEI DANNI DELLA GUERRA COLONIALE COMUNICANDO AL NOSTRO GOVERNO CHE LA LIBIA SI ACCONTENTEREBBE "SOLO" DELLA COSTRUZIONE, DA PARTE DELL'ITALIA, DELL'AUTOSTRADA CHE DOVREBBE CONGIUNGERE L'EGITTO ALLA TUNISIA, COSTEGGIANDO IL MAR MEDITERRANEO. IL COSTO DOVREBBE ESSERE DI ALCUNE DECINE DI MILIONI DI EURO !!!.
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