Il Pontefice invita a pregare per la pace e parlando a braccio
ricorda la sua esperienza durante il secondo conflitto mondiale
Il Papa all'Angelus
"Mai più la guerra"
Appello a Saddam Hussein peché accetti l'esilio
e all'Onu perché agisca con responsabilità

CITTA' DEL VATICANO - Si ferma, lascia per un momento il filo del suo discorso, e parlando a braccio dice: "Ho vissuto la seconda guerra mondiale e sono sopravvissuto alla seconda guerra, per questo ho il dovere di ricordare a tutti i più giovani, a tutti quelli che non hanno avuto questa esperienza, ho il dovere di dire, mai più la guerrà". Affacciato al balcone Papa Giovanni II parla ai fedeli riuniti in piazza San Pietro. Li invita a pregare per la pace. E, per una volta, devia dalla preghiera dell'Angelus in gran parte incentrata sulla pace, per parlare della sua esperienza. "Sappiamo tutti - continua il Pontefice - che non è possibile dire pace a ogni costo, ma sappiamo tutti quanto è grande, grandissima la nostra responsabilità".

Non dimentica, il Papa, di spronare chi oggi ha in mano le sorti della guerra. Si appella dunque a Saddam Hussein perché collabori al disarmo e al Consiglio di sicurezza dell'Onu perché ricordi che l'uso della forza è "l'ultimo ricorso, dopo aver esaurito ogni altra soluzione pacifica".


 

Il Papa è preoccupato. Lo è da giorni, ma ancor più oggi che vede avvicinarsi la guerra. "Ecco perché - ha proseguito il Pontefice - di fronte alle tremende conseguenze che un'operazione militare internazionale avrebbe per le popolazioni dell'Iraq, per l'equilibrio intera regione del Medio Oriente, nonché per gli ulteriori estremismi che ne potrebbero derivare, dico a tutti: c'è ancora tempo per negoziare, c'è ancora tempo per la pace. Non è mai troppo tardi per comprendersi e per continuare a trattare".

(16 marzo 2003)

Lunedì 8 Settembre 2003 - Bischöfliche Akademie
Giovanni Paolo II: 25 anni di pontificato. Un bilancio delle religioni

  

 

  

 

Mar Gregorios Ibrahim
Metropolita ortodosso, Chiesa sira
  

In occasione della ricorrenza del venticinquesimo anno dall’elevazione al soglio pontificio del Papa Giovanni Paolo II, i cristiani di tutte le confessioni, devono riflettere sulla posizione di questa rara personalità ecclesiale, che ha giocato un ruolo importante non solo nel cammino della chiesa cattolica, né solo nella vita delle chiese cristiane, ma, da una parte, nelle relazioni tra il cristianesimo e le altre religioni, dall’altra tra la chiesa e il mondo. Ho incontrato Sua Santità di persona numerose volte, e in diverse occasioni con la comunità di sant’Egidio; ho percepito come Sua Santità valuti il suo ruolo di guida nell’annodare relazioni tra i cristiani e le altre religioni.

L’Incontro di Assisi del 1986 resterà uno degli eventi storici del ventesimo secolo. Il Papa Giovanni Paolo II in persona ha trascorso un’intera giornata con i leader e i rappresentanti delle religioni provenienti da tutte le parti del mondo, nella città di San Francesco d’Assisi. E il mondo aspetta i risultati di questo incontro tra religioni. Il papa ha invitato, in quel giorno memorabile, ad una tregua in tutto il mondo e le guerre si sono arrestate in risposta al suo appello; la tregua ha così preso luogo tra i dialoganti. Non è quest’intuizione l’inizio della pace sospirata tra le nazioni e i popoli che si combattono all’ultimo sangue ?

La città di San Francesco ha conosciuto in quel giorno ore di riflessione e preghiera per la pace. Questo e’ un miracolo che e’ stato possibile nelle menti dei credenti per grazia divina. Il Papa si impegna affinchè dalle guerre si giunga alla pace. Io vengo da una regione che ha vissuto guerre diverse: la guerra araba-israeliana che ha prosciugato la forza degli appartenenti alle fedi (credenti) e alla religioni in questa regione e ha influito molto sulla presenza dei cristiani, provocandone una diminuzione graduale in modo allarmante, e alleggerendone il peso fino a un punto indescrivibile. La loro testimonianza è rimasta una ferita, poiché sono divenuti “ come una canna spezzata...un lucignolo fumigante” (Mt 12, 20). Un’altra guerra è stata quella tra Iran e Iraq, che ha lasciato tracce negative sull’uomo in generale e in particolare sui cristiani.

L’Iraq un paese tra due fiumi in cui il cristianesimo è vissuto in periodi di tempo diversi, la Persia da cui il cristianesimo si è diffuso verso l’India e la Cina e altri paesi dell’Asia, iniziano a piangere e a lamentarsi come dice la Bibbia: “Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande, Rachele piange i suoi figli, e non vuole essere consolata, perchè non sono più”. (Mt 2, 18). E così la situazione della guerra del Golfo. Dopo l’11 settembre e dopo la distruzione dell’Iraq, questo paese grande, che ha formato un ferita nella storia.

Tutte queste guerre che abbiamo vissuto in questa regione invitano ad elevare una voce che grida nel deserto implorando il mondo in favore della pace annunciando che le guerre portano alla rovina dell’umanità e alla devastazione della civiltà, all’uccisione dell’uomo, poiché esse sono opera di Satana e non c’è relazione con il Dio Altissimo e Onnipotente Celeste e l’ordine di compiere guerre devastatrici. Il Papa Giovanni Paolo II si è permesso di gridare a tutte le religioni che hanno fede nel potere divino di combattere la corruzione e ha alzato la voce contro la guerra nelle sue varie sue forme.

Tornando al discorso sul Papa e sul suo ruolo dall’elevazione al soglio pontificio, voglio portarvi al mio paese, la Siria, dove vivo, per raccontarvi, in maniera breve, dell’effetto della Sua visita storica in tra il 5 e l’8 maggio 2001. Quando ha messo piede sul suolo dell’aeroporto di Damasco, il Presidente siriano Bashar Al-Assad si è rivolto a lui così: “Voi che fate visita in Siria, mettete piede sulla terra della storia, il paese che ha accolto le prime civiltà del mondo ed è stato uno tra i fari della conoscenza che ha dato luce all’umanità nell’arco di molti secoli. Il Papa ha risposto dicendo:“Penso anche alla grande influenza culturale dell'Islam siriano, che sotto la guida dei Califfi Omayyadi raggiunse le coste più lontane del Mediterraneo. Oggi, in un mondo sempre più complesso e interdipendente, è necessario un nuovo spirito di dialogo e di cooperazione fra cristiani e musulmani. Insieme riconosciamo il Dio unico e indivisibile, il Creatore di tutto ciò che esiste. Insieme dobbiamo proclamare al mondo che il nome dell'unico Dio è «un nome di pace e un imperativo di pace». Mentre la parola «pace» echeggia nel nostro cuore, come possiamo non pensare alle tensioni e ai conflitti che da tempo affliggono la regione del Medio Oriente? Spesso sono sorte speranze di pace solo per poi essere distrutte da nuove ondate di violenza!

Durante questa visita la Siria si è soffermata su dimensioni diverse, tra cui:

il tema di una pace giusta e universale che deve comprendere tutta la regione. Sua Santità quando parla ha in mente i vari conflitti che ha vissuto la regione del Medio Oriente.

Poi l’incontro cristiano-cristiano, quando Sua Santità è stata accolta dal Patriarcato di Antiochia, nelle sue due ali: quella Siro-ortodossa e quella greco-ortodossa, come l’autorità cristiana che tiene alta la bandiera dell’amore e della pace a tutti i luoghi da lui visitati, incontrandovi la gente di tutte le religioni e confessioni.

La terza dimensione: l’incontro islamo-cristiano sul suolo di Damasco e la sua visita alla moschea Omayyade hanno avuto un significato speciale. Il Papa ha espresso la sua impressione su questa visita dicendo: “sono profondamente commosso per il fatto di poter essere vostro ospite nella Grande Moschea degli Omayyadi, tanto ricca di storia religiosa.” Quando si è parlato della moschea e della chiesa e del loro ruolo nella educazione dei giovani ha detto:“ È nelle moschee e nelle chiese che le comunità musulmane e cristiane forgiano la loro identità religiosa ed è lì che i giovani ricevono una parte significativa della loro educazione religiosa. Quale senso di identità viene instillato nei giovani cristiani e nei giovani musulmani nelle nostre chiese e moschee? Auspico vivamente che i responsabili religiosi e gli insegnanti musulmani e cristiani presentino le nostre due grandi comunità religiose come comunità in un dialogo rispettoso e mai più come comunità in conflitto. È importante che ai giovani vengano insegnate le vie del rispetto e della comprensione, affinché non siano portati ad abusare della religione stessa per promuovere o giustificare odio e violenza.”

Il mio vedere come ortodosso la posizione del Papa dopo 25 anni di servizio profetico, mi ha reso testimone oggi davanti a voi che la personalità di Giovanni Paolo impreziosisce la serie dei pontefici romani mediante il suo storico ruolo. Ha inoltre assicurato, nella chiesa cattolica, il Suo interesse per i movimenti laicali e la sua attenzione per ogni nuovo movimento nella chiesa, divenendo in questo modo uno stimolo per milioni di cattolici legati profondamente alle loro chiese, impegnati nel loro servizio portandone il vessillo di verità tra le diverse chiese e religioni. Questo è forse un punto positivo che rende la figura del Papa unica tra i suoi predecessori.

In ambito ecumenico, Giovanni Paolo II non si è risparmiato nell’essere uno strumento di incoraggiamento per il cammino cha ha costituito una benedizione per le chiese dalla metà del XX secolo. Ricordiamo a questo proposito la costituzione del Consiglio Mondiale delle Chiese, il Concilio Vaticano II, la costituzione di consigli delle chiese regionali e locali. Con altre iniziative importanti e di incoraggiamento ha, contribuito a rimuovere gli ostacoli tra le chiese dopo molti secoli di divisione. Ma tutto ciò ha bisogno di uomini che sostengano il cammino storico verso l’avvicinamento reciproco e che siano pronti totalmente all’unità di fede tra le chiese. Il Papa Giovanni Paolo II è stato uno di queste personalità importanti, in tutte le chiese cristiane, che ha spinto in avanti la ruota del movimento ecumenico.

La sua enciclica: UT UNUM SINT, rende testimonianza del suo ruolo attivo nel cammino ecumenico. E’ necessario che le chiese, e noi stessi, all’inizio del terzo millennio, ascoltiamo il suo invito ricorrente ad fare come nostra caratteristica distintiva l’allontanamento delle divisioni tra i cristiani e ad unire i cuori.

Riguardo alla relazioni tra le religioni: questa è un’altra porta che il Papa Giovanni Paolo II ha spalancato. L’incontro di Assisi I, nel’86; gli incontri organizzati ogni anno dalla comunità di Sant’Egidio e l’incontro di Assisi II nel 2001, tutti questi incontri hanno invitato il mondo a pregare e a lavorare per la pace, poiché la pace è la chiave della giustizia in tutte le società. L’influenza del pensiero del Papa rimane in questi incontri la cosa più importante, poiché è guida di tutti gli altri pensieri che hanno dato risultati nell’attuazione della pace voluta da Gesú e dal mondo.

Mi permetto di congratularmi con la chiesa cattolica per il Papa Giovanni Paolo II e auguro a Sua Santità lunga vita, per continuare il cammino di servizio e dono.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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La "politica estera" di Giovanni Paolo II
Papa globale
Wojtyla tra comunismo, capitalismo, guerre e fame

 

 

 

 

 

 

Subito dopo l'elezione di Giovanni Paolo II, l'allora capo del Kgb , Jurij Andropov, ordinò al Primo direttorato dei suoi servizi un'analisi di questo evento. Il rapporto (stilato in pochi giorni) vedeva nell'elezione di Karol Wojtyla il frutto di una cospirazione tedesco-americana, nella quale avevano avuto un ruolo decisivo l'arcivescovo di Philadelphia e Zbigniew Brezinski, consigliere per la Sicurezza nazionale del presidente Jimmy Carter. L'obiettivo era la destabilizzazione della Polonia come primo passo verso al distruzione del Patto di Varsavia. Si tratta di un'analisi assai poco attendibile, ma altamente indicativa dello stato d'animo con cui il Cremino accolse l'elezione a papa dell'arcivescovo di Cracovia. E in effetti, di lì a poco, il papa polacco risulterà decisivo nella disgregazione dei regimi comunisti. Secondo Timothy Garton Ash, uno dei più autorevoli analisti della storia recente, l'inizio della fine del blocco comunista è il viaggio di Wojtyla in Polonia nel giugno 1979. Per la prima volta tutto il mondo assiste ad una manifestazione di unità sociale su grande scala, pacifica e ben organizzata. Il popolo polacco contro lo Stato-partito. Questo evento diviene il simbolo e il catalizzatore principale dei cambiamenti interni di tutti i paesi dell'Est. La presenza stessa di un arcivescovo polacco sul trono di Pietro, è una sfida costante per l'Urss e i suoi satelliti. E' la dimostrazione vivente che l'impero può essere affrontato e sconfitto. Non a caso, sebbene in sede giudiziaria non si sia mai arrivati alla verità sull'attentato del 1981, molti storici ritengono inconfutabile che l'ordine di uccidere Wojtyla partì da Mosca.

Da un punto di vista dottrinale Wojtyla condanna il socialismo in quanto caratterizzato dalla "sete di potere" e dalla riduzione dell'uomo a mera "molecola sociale", in totale disprezzo dei valori della persona. Il socialismo, in quanto portatore di ateismo, reprime la chiesa romana e va perciò condannato "politicamente".

Un papa anticapitalista ?

Fino all'enciclica Centesimus Annus, Wojtyla sembra avere un atteggiamento conciliatorio nei confronti del libero mercato. Con la caduta del Muro di Berlino comincia invece a puntare il dito anche contro gli eccessi del capitalismo. Non c'è una condanna dell'economia di mercato, considerata garanzia di libertà. Il capitalismo è però considerato uno dei modi di interpretare il libero mercato e il sistema neoliberale ha una concezione meramente economica dell'uomo, che dà al profitto il primato sull'essere. Il liberalismo non si presenta quasi mai con un volto oppressivo e rischia così di diventare una sottile privazione della libertà dell'uomo. Il capitalismo è oggetto perciò di osservazioni critiche di carattere etico-religioso, non di attacchi frontali. La lettera Ecclesia in America del 1999 è il documento più importante su questo tema. Vi si afferma che non si possono trattare le cose come meri strumenti di consumo. Giovanni Paolo II non propone un sistema economico alternativo, ma piuttosto una teologia e un modo di vita legati alla dottrina della creazione e della redenzione.

La fame nel mondo

Una costante del papato di Giovanni Paolo II è la sua attenzione verso la fame nel mondo e più in generale per i problemi dei paesi sottosviluppati. Già nell'enciclica Dives in misericordia (1979) parla del crescente squilibrio tra nord e sud del mondo. Torna su questo argomento nel discorso che tiene all'Onu nell'ottobre del 1979 e ogni qualvolta si trova al cospetto dei potenti della Terra. I suoi viaggi in Africa sono occasione di invettive contro i paesi industrializzati, colpevoli di investire in armamenti e di non sostenere il Terzo Mondo. Il superamento di questa situazione di immane iniquità è possibile, per Wojtyla, attraverso la coscienza dell'interdipendenza delle nazioni e la solidarietà per il bene comune. In altre parole, le rivendicazioni dei popoli del Terzo Mondo devono essere fatte tenendo sempre in considerazione il bene comune sempre in forma non violenta. Le nazioni ricche hanno il dovere di sentirsi "responsabili dei più deboli". In questa prospettiva, appoggia la campagna "Jubilee 2000" per l'abolizione del debito esteri dei 41 Paesi più poveri. L'iniziativa si scontra con l'indifferenza della maggior parte dei Paesi industrializzati. Il 6 gennaio 2000, a chiusura dell'Anno Santo, il Papa chiede "impegno e fantasia" nell'aiuto più bisognosi.

Il Papa e le guerre

Giovanni Paolo II ha introdotto forti elementi di novità nell'atteggiamento della Chiesa nei confronti della guerra e dell'intervento umanitario. Il suo papato ha percorso un'epoca segnata da numerosi conflitti internazionali e tensioni interne ai singoli paesi. Nel 1991 si è schierato apertamente contro l'attacco dell'Occidente all'Iraq, definendo la guerra "un'avventura senza ritorno". In altre occasioni, come l'intervento Nato in difesa di Bosnia e Croazia, ha avuto un atteggiamento più cauto. Di fronte alla crisi in Somalia e al genocidio in Ruanda, ha invocato "una risposta della comunità internazionale". Per questo diversi osservatori gli hanno rimproverato uno scarso pacifismo o, peggio, un'incoerenza dettata da interessi "politici". In realtà, il pensiero di Giovanni Paolo II sull'uso della forza si basa su presupposti filosofici ed etici precisi. E' centrale, in tutte le sue opere, il concetto di "relazionalità": l'uomo determina se stesso in quanto vede se stesso negli altri. E si priva della propria dignità se si comporta male con gli altri. E' una dimensione etica pienamente relazionale. Questa concezione acquista nuovi sviluppi grazie alla globalizzazione e allo sviluppo delle tecnologie informatiche. Nel "villaggio globale", secondo Wojtyla, è possibile realizzare la "solidarietà comunitaria", attraverso il percorso informazioni-coscienza -dignità. Per i governi non è più possibile nascondersi dietro un presunto "diritto all'indifferenza": è un dovere usare la forza per disarmare l'aggressore. E' lo stesso Giovanni Paolo II a spiegare questo concetto in una conversazione con i giornalisti sull'aereo che lo riporta a Roma dalla Giamaica nell'agosto 1993: "L'ingerenza umanitaria è una cosa evangelica in sé, ma il modo di capire questo concetto può anche essere poco evangelico. Certamente se io vedo un mio vicino, concittadino o non concittadino, che è perseguitato, io devo difenderlo. Penso che questa difesa sia un atto di carità, non è niente altro. Così noi vediamo l'ingerenza umanitaria".