Dal Corriere della Sera
UN PROBLEMA CHE ASSILLA TANTISSIME PERSONE:
IL DISPOTISMO DEL CAPO-UFFICIO
Vita d'azienda
Quel bugiardo del mio capo
Uno studio statunitense ha individuato
nella tirannia del boss la motivazione più frequente che
porta a un cambiamento di lavoro
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STATI UNITI – Nell'immaginario collettivo la
figura del capo è inconfondibile; persona dispotica e
irascibile che sfoga i propri malumori sul lavoro, diventando
l'incubo dei dipendenti. La letteratura che presenta questo
profilo è decisamente vasta, soprattutto se si considerano
televisione, cinema e internet. Spesso infatti, le serie tv
americane hanno come scenario proprio l'ufficio e mettono in
scena i rapporti conflittuali con i ranghi superiori, oppure la
liberatoria rivalsa finale. Da un lato, il capo è il motivo di
malumori e ansie, dall'altro diventa oggetto di scherno e di
riscatto.
LA RICERCA – Incuriosito dalla finzione
lavorativa, il professor Wayne Hochwarter dell'università della
Florida ha così svolto uno studio
sui reali rapporti tra capo e dipendenti e sulle conseguenze
di tale relazione. Con l'aiuto di due studenti dottorandi, Paul
Harvey e Jason Stoner, il ricercatore statunitense ha raccolto
più di 700 testimonianze, intervistando individui che, durante
la loro vita, hanno spesso cambiato lavoro, in modo da
comprenderne le motivazioni. Risultato: una conferma empirica
dell'immaginario del boss cattivo.
I RISULTATI – Circa un terzo degli
interpellati ha dichiarato di subire silenzi forzati da parte
del capo che, volontariamente, mette in una condizione di
disagio evitando di rivolgere la parola ai lavoratori (il
cosiddetto «silence treatment»). Al 37 percento del campione
non sono stati riconosciuti i propri meriti, mentre altrettanti
si sono sentiti traditi a causa di promesse mai mantenute. Un
quarto dei lavoratori consultati è stato testimone di commenti
negativi nei confronti di colleghi o di altri superiori,
alimentando spiacevoli condizioni di lavoro. Il 24 percento ha
percepito infine una violazione della propria privacy, operata
dai propri datori di lavoro, mentre un numero equivalente ha
notato nei superiori una tendenza a non assumersi le proprie
responsabilità.
INVISIBILI – Le tensioni sul lavoro sembrano
quindi essere un fenomeno diffuso e sembrano proprio questi
attriti la ragione più frequente che sta alla base di un
cambiamento. In un ambiente caratterizzato da stress negativo e
depressione, il lavoratore non è efficiente né motivato e vede
l'unica salvezza nell'abbandono. Sempre più spesso,
l'allontanamento è proprio dal capo, non dall'azienda. In
conclusione dello studio, il professor Hochwarter suggerisce
alcune strategie finalizzate a minimizzare il nervosismo in
ufficio. È bene mantenere un atteggiamento positivo anche nelle
situazioni più scomode, perché aiuta a superare il momento
critico. Un consiglio più concreto è quello di rendersi
visibile e mai nascondersi agli occhi dei colleghi e del capo;
sono proprio gli «invisibili» a subire il maggior numero di
attacchi e abusi in ufficio.
Marina Rossi
03 gennaio 2007
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