Le
zone umide sono specchi d’acqua, naturali o artificiali, permanenti o
temporanei, con acque ferme o correnti, dolci, salmastre o salate, la cui
profondità non eccede i sei metri.
Trattandosi
di ambienti acquatici poco profondi, la luce può essere facilmente utilizzata
dagli organismi che vi abitano; dunque le zone umide hanno un’elevata
produttività primaria e secondaria. Inoltre, le zone umide sono fertilizzate
dai materiali organici provenienti dalle aree circostanti.
Le
condizioni ecologiche sono spesso molto variabili, da punto a punto; la
presenza di tanti habitat favorisce una notevole biodiversità.
Ci sono specie marine che
penetrano nelle zone umide, quando queste sono connesse al mare, e qui si
riproducono.
Le zone umide, inoltre si
trovano spesso lungo le rotte migratorie di varie specie di uccelli, che
trovano, in questi luoghi, punti per la sosta e per il foraggiamento. Questi
uccelli si spostano dall’Europa centrale all’Africa centrale, attraversando più
Stati. Questo è uno dei motivi per cui le zone umide sono da ritenersi un
patrimonio internazionale.
Da un punto di vista
economico, ricordiamo che molti impianti di acquacoltura sono localizzati
presso zone umide, laddove, appunto, la produttività è elevata.
Da un punto di vista
idrogeologico, poi, le zone umide sono importanti nel regolare i rapporti tra
la falda freatica di acqua dolce e
l’acqua salata, proveniente dal mare.
Inoltre, i bacini più grandi
funzionano da volano termico, con effetti positivi sulle attività agricole
delle zone adiacenti.
Sotto il profilo
paesaggistico e turistico, questi ambienti, un tempo considerati malsani,
perché infestati dalla malaria, oggi sono invece delle mete ambite per chi ama
stare a contatto con la natura, lontano dalla vita caotica delle grandi
metropoli.
Il Golfo di Catania presenta
un tratto costiero, esteso per circa 38 Km tra Capo Mulini e Capo Santa Croce.
Questo tratto comprende un litorale sabbioso di circa 20 Km, orientato in senso
nord-sud.
Tra i corsi d’acqua che
sfociano in questo litorale, il più grande è proprio il Simeto. Specchi
d’acqua, come il lago Gurnazza e il lago Gornalunga contribuiscono ad
accrescere l’interesse paesaggistico, naturalistico e scientifico di
quest’area, che un tempo comprendeva anche il Biviere di Lentini e il Pantano
di Catania.
La pressione antropica ha
portato a profonde alterazioni ambientali, come la bonifica dei pantani, la
rettificazione del tratto finale del fiume Simeto e l’impianto di un boschetto
di Eucalipti.
Alcuni pionieri, il più
autorevole dei quali Angelo Priolo, cominciarono nei primi anni quaranta ad osservare
e registrare dati sulle presenze faunistiche nell’area. I dati raccolti
evidenziarono la ricchezza del patrimonio faunistico, ma anche il declino delle
specie presenti. Nei primi anni ’70, cominciò a diffondersi la consapevolezza
della necessità di salvare l’area dall’aggressività dell’abusivismo edilizio e
di proteggere la fauna e la flora. Scesero in campo diverse associazioni
ambientalistiche ed anche i sindacati. Questo movimento, che vedeva in testa la
LIPU, ottenne nel 1975 la costituzione di un oasi di protezione faunistica con
un decreto dell’assessore dell’ Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana.
Solo nel 1984 viene
istituita la Riserva Naturale Orientata dell’ Oasi del Simeto e nel 1989 si
procede a demolire 54 abitazioni abusive.
Oggi la tendenza
edificatoria, dopo gli interventi repressivi, appare essersi arrestata, anche
se la pressione antropica permane.
Circa quaranta anni fa, il
litorale a sud di Catania, presentava dune alte 8 metri ed estese per circa 2
Km. Oggi resta una bassa duna, interposta tra la spiaggia e l’extralitorale,
spianato e ricoperto da un boschetto artificiale.
I sedimenti del sistema
sabbioso derivano dal Simeto, che li disperde attorno alla propria foce.
Ricordiamo brevemente gli
ambienti attualmente presenti: il lago Gornalunga, presente anche in estate; il
lago Gurnazza, arginato solo dalle dune costiere; le Salatelle, acquitrini
salmastri, le cui acque provengono da piccoli canali e dalla zona costiera per
capillarità; un piccolo sistema di acquitrini, che si ricostituiscono in
inverno, producendo problemi alle costruzioni abusive; il tratto terminale del
fiume Simeto (rettificato dall’uomo, nel tentativo di facilitare lo scorrimento
delle acque durante le piene); la vecchia asta fociale (l’ansa che il Simeto
formava prima della foce e che è rimasta, dopo la rettificazione, come un vasto
meandro); il Canale d’Arci (aperto per la bonifica del pantano d’Arci) e il
canale Benante, che si apre la strada verso il mare, attraverso il lago
Gornalunga.
Per quanto riguarda la
vegetazione, sul versante dunale esposto a mare, possiamo osservare specie come
Agropyron junceum, Matthiola sinuata, Diotis maritima, Euphorbia
peplis. Le spiagge sabbiose sono colonizzate da Pancratium maritimum (giglio
di mare) e Cakile maritima. I terreni inondati e ricchi di sali sono
occupati da Artrocnemum fruticosum, Limonium vulgare, Suaeda
vera e S. maritima.
Le zone sommerse
permanentemente, come le depressioni in cui l’acqua si mantiene anche nei mesi
estivi, presentano Phragmites australis (Cannuccia di palude).
Dove il terreno è per molto
tempo sommerso, come a monte del lago Gornalunga o allo sbocco dei canali, sono
presenti Juncus acutus, J. Maritimus e Limonium vulgare.
Lungo le sponde della
vecchia ansa sono visibili esemplari arborei di Tamarix gallica e T.
africana.
Le fascie boscate impiantate
dalla Forestale, caratterizzate da Eucalipti e Acacie, hanno contribuito a far
scomparire specie tipiche delle dune.
La fauna presente nelle zone
umide della foce del Simeto annovera parecchie specie di uccelli, tra cui
ricordiamo: Gallinula chloropus (Gallinella d’acqua), Fulica atra,
(Folaga), Tachibaptus ruficollis (Tuffetto), Circus aeruginosus (Falco
di palude), Alcedo atthis (Martin pescatore), Cettia cetti
(Usignolo di fiume), Remiz pendinus (Pendolino). Queste specie sono
legate alla vegetazione ripariale.
Nelle zone alberate o
rimboschite, ricordiamo: Sylvia atricapilla (Capinera), Parus major
(Cinciallegra), Garnulus glandarius (Ghiandaia), Cardueli chloris
(Verdone).
Tra i rapaci, troviamo: Falco
tinnunculus (Gheppio) e Tyto alba (Barbagianni).
Tra le specie migratorie,
sono da ricordare Ardea purpurea purpurea (Airone rosso), Pluvialis
apricaria (Piviere dorato), Haematopus ostralegus (Beccaccia di
mare), Platalea leucorodia (Spatola), Himantopus h. himantopus
(Cavaliere d’Italia).
Più raramente è stata
osservata la specie Phenicopterus ruber (Fenicottero rosa).
Alla foce, negli stagni
salmastri e in mare si rinvengono diverse specie di gabbiani e di sterne.
Inoltre è possibile osservare anche l’elegante Sula, che si tuffa in verticale
per catturare i pesci di cui si nutre.
Negli specchi d’acqua, si
possono osservare esemplari di Svassi, Cormorani e diverse specie di Anatre.
Tra gli altri animali,
ricordiamo la tartaruga d’acqua dolce (Emys orbicularis), la natrice
(serpente che si nutre di piccoli pesci), la Volpe, la Donnola, il Coniglio
selvatico e la Lepre.
La fauna del sopralitorale
sabbioso presenta aspetti interessanti. Nella spiaggia umida contigua con la
battigia, troviamo l’Anfipode Talitrus saltator e l’Isopode Tylos
latreillei. Entrambe le specie hanno spiccate capacità di orientamento
astronomico.
Tra i Coleotteri, abbiamo Eurinebria
complanata, Cicindela lunulata nemoralis, Scarites laevigatus,
Carabide stenoigro e alofilo, con spiccate capacità di orientamento e di nuoto
e di abitudini notturne (le larve svolgono attività diurna).
Tra gli Araneidi, ricordiamo
il Licoside Arctosa cinerea, tra i Dermatteri Labidura riparia.
Nella porzione di spiaggia
più interna, troviamo l’Imenottero del genere Bembix, che scava un sistema di
false tane attorno a quella vera.
Tra gli Ortotteri possiamo
citare Sphingonotus candidus personatus, Acrotylus insubricus
e A. longipes ( tre Acrididi) e il Grillide Brachitrupes megacephalus.
Durante l’escursione alla
zona umida della foce del Simeto, abbiamo avuto modo di osservare,
innanzitutto, la situazione in cui versa realmente la Riserva e la pressione
antropica che la opprime, nelle sue varie forme, una delle più evidente delle
quali, ma non l’unica, è data dall’abusivismo edilizio.
Inoltre abbiamo rilevato
alcuni dati microclimatici, in corrispondenza di 8 punti distanti l’uno
dall’altro circa 350 metri, relativi a: umidità atmosferica (U.A.), temperatura
atmosferica (T.A.), temperatura della superficie della sabbia (T.S.S.),
temperatura della sabbia a 5 cm (T.5S.) e a 10 cm di profondità (T.10S.).
Inoltre abbiamo misurato la
direzione e la velocità del vento prevalente.
I primi due parametri sono
stati misurati all’altezza di circa 180 cm.
Le misure sono state
effettuate avvicinandosi progressivamente al mare (il punto 8 risulta dunque
quello più vicino al mare ed è in corispondenza della battigia).
I dati sono di seguito
riportati:
Punto 1: U.A.=63,1% T.A.=21,4°C
T.S.S.=18°C T.5S.=15,4°C T.10S.=14,9°C
Punto 2: U.A.=61,5% T.A.=20°C
T.S.S.=19,5°C T.5S.=17,7°C
T.10S.=17,6°C
Punto 3: U.A.=64% T.A.= 20°C
T.S.S.=18,7°C T.5S.=17,3°C T.10S.=17,3°C
Punto 4: U.A.=66,1% T.A.=20,4°C
T.S.S.=19,6°C T.5S.=17,6°C T.10S.=17,4°C
Punto 5: U.A.=66,4% T.A.=26,4°C
T.S.S.=36,9°C T.5S.=23°C T.10S.=19°C
Punto 6: U.A.=66% T.A.=23,9°C
T.S.S.=34°C T.5S.=21,6°C T.10S.=18,8°C
Punto 7: U.A.=70% T.A.=20,7°C
T.S.S.=30°C T.5S.=22,0°C T.10S.=19,9°C
Punto 8: U.A.=63% T.A.=21,1°C
T.S.S.=26,4°C T.5S.=24,1°C T10S.=20,6°C
(Il grafico è riportato alla
fine)
Velocità del vento: 2,4 m/s
(a circa 190 cm.) Direzione del
vento: Nord-Est
Dai dati, rileviamo che
l’umidità atmosferica, tendenzialmente, aumente, avvicinandosi al mare, come è
naturale aspettarsi.
Il massimo valore di
temperatura atmosferica è raggiunto su una duna scoperta ed esposta al sole
(punto 5, T.A.=26,4°C). Qui si raggiunge anche il massimo valore di temperatura
superficiale della sabbia (T.S.S.=36,9°C).
I punti 1,2,3,4 sono nella
penombra di un boschetto di Eucalipti, questo influisce sulle temperature, che
risultano necessariamente inferiori.
Per quanto riguarda, invece,
la temperatura della sabbia a 5 cm di profondità, il valore massimo si registra
in corrispondenza della battigia (punto 8), lo stesso possiamo dire per la
temperatura a 10 cm di profondità.
In generale, possiamo notare
che le differenze tra i vari punti, nella misura della temperatura a 10 cm di
profondità, non sono poi così marcate, come altre, ad esempio come quelle della
temperatura superficiale. Quindi le differenze di temperatura in profondità,
nel suolo, tendono a smorzarsi.
Durante l’escursione abbiamo
piazzato, a scopo dimostrativo, delle trappole a caduta per invertebrati, che
ci consentono di rilevare la composizione di specie che abitano una certa zona.
Nelle trappole, in genere, sono messi dei fissativi, come acido picrico diluito
o aceto, per prevenire il deterioramento del campione.
Le trappole non circolari si
orientano con la diagonale disposta nella direzione Nord-Sud, utilizzando una
bussola, come abbiamo fatto, nel nostro caso.
Con l’ausilio di sbarre di
plexiglas poste ortogonalmente fra loro, si possono ricevere informazioni circa
la direzione preferenziale delle diverse specie.
Chiaramente, studi di questo
tipo, vanno ripetuti nelle varie stagioni, in quanto con esse si modifica la
composizione di specie presenti su un territorio.
Da quello che abbiamo
osservato durante la nostra escursione, ciò, che merita di essere messo in
evidenza alla fine di questa relazione, sono i problemi che affliggono l’area
della Riserva. A parte l’abusivismo edilizio, di cui abbiamo accennato prima,
rileviamo anche la presenza di rifiuti solidi dispersi in aree abbandonate e di
agrumeti abbandonati, le rotte aeree che solcano il cielo proprio sopra la
Riserva, i divieti di pesca e di balneazione elusi, il boschetto di Eucalipti e
Acacie impiantati come frangivento, senza nessuna considerazione per la
vegetazione locale.
Come se ciò non bastasse,
dobbiamo aggiungere anche la possibilità di una prossima riduzione della
Riserva, in funzione del territorio già edificato.
Non dobbiamo dimenticare che
tutto ciò ha un impatto sull’ambiente naturale e minaccia la sopravvivenza di
specie animali e vegetali. Le specie legate ad ambienti costieri sono
profondamente adattate e specializzate a svolgere il loro ciclo biologico in un
contesto che offre habitat difficili. L’elevato grado di specializzazione
costringe queste specie a minori capacità di adattamento a situazioni ambientali
diverse e determina, conseguentemente, un serio rischio di estinzione per
alcune di esse, quando l’ambiente subisce delle manomissioni da parte
dell’uomo.
Al di là di tutte le altre
osservazioni che potremmo fare, questa già basterebbe, affinchè, zone naturali
a rischio, come questa, fossero oggetto di una maggiore attenzione e di un
maggiore rispetto.