Relazione sull’escursione nella zona umida della foce del Simeto                                           

                                                                         Greco Antonello

 

Le zone umide sono specchi d’acqua, naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acque ferme o correnti, dolci, salmastre o salate, la cui profondità non eccede i sei metri.

Trattandosi di ambienti acquatici poco profondi, la luce può essere facilmente utilizzata dagli organismi che vi abitano; dunque le zone umide hanno un’elevata produttività primaria e secondaria. Inoltre, le zone umide sono fertilizzate dai materiali organici provenienti dalle aree circostanti.

Le condizioni ecologiche sono spesso molto variabili, da punto a punto; la presenza di tanti habitat favorisce una notevole biodiversità.

Ci sono specie marine che penetrano nelle zone umide, quando queste sono connesse al mare, e qui si riproducono.

Le zone umide, inoltre si trovano spesso lungo le rotte migratorie di varie specie di uccelli, che trovano, in questi luoghi, punti per la sosta e per il foraggiamento. Questi uccelli si spostano dall’Europa centrale all’Africa centrale, attraversando più Stati. Questo è uno dei motivi per cui le zone umide sono da ritenersi un patrimonio internazionale.

Da un punto di vista economico, ricordiamo che molti impianti di acquacoltura sono localizzati presso zone umide, laddove, appunto, la produttività è elevata.

Da un punto di vista idrogeologico, poi, le zone umide sono importanti nel regolare i rapporti tra la falda freatica  di acqua dolce e l’acqua salata, proveniente dal mare.

Inoltre, i bacini più grandi funzionano da volano termico, con effetti positivi sulle attività agricole delle zone adiacenti.

Sotto il profilo paesaggistico e turistico, questi ambienti, un tempo considerati malsani, perché infestati dalla malaria, oggi sono invece delle mete ambite per chi ama stare a contatto con la natura, lontano dalla vita caotica delle grandi metropoli.

Il Golfo di Catania presenta un tratto costiero, esteso per circa 38 Km tra Capo Mulini e Capo Santa Croce. Questo tratto comprende un litorale sabbioso di circa 20 Km, orientato in senso nord-sud.

Tra i corsi d’acqua che sfociano in questo litorale, il più grande è proprio il Simeto. Specchi d’acqua, come il lago Gurnazza e il lago Gornalunga contribuiscono ad accrescere l’interesse paesaggistico, naturalistico e scientifico di quest’area, che un tempo comprendeva anche il Biviere di Lentini e il Pantano di Catania.

La pressione antropica ha portato a profonde alterazioni ambientali, come la bonifica dei pantani, la rettificazione del tratto finale del fiume Simeto e l’impianto di un boschetto di Eucalipti.

Alcuni pionieri, il più autorevole dei quali Angelo Priolo, cominciarono nei primi anni quaranta ad osservare e registrare dati sulle presenze faunistiche nell’area. I dati raccolti evidenziarono la ricchezza del patrimonio faunistico, ma anche il declino delle specie presenti. Nei primi anni ’70, cominciò a diffondersi la consapevolezza della necessità di salvare l’area dall’aggressività dell’abusivismo edilizio e di proteggere la fauna e la flora. Scesero in campo diverse associazioni ambientalistiche ed anche i sindacati. Questo movimento, che vedeva in testa la LIPU, ottenne nel 1975 la costituzione di un oasi di protezione faunistica con un decreto dell’assessore dell’ Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana.

Solo nel 1984 viene istituita la Riserva Naturale Orientata dell’ Oasi del Simeto e nel 1989 si procede a demolire 54 abitazioni abusive.

Oggi la tendenza edificatoria, dopo gli interventi repressivi, appare essersi arrestata, anche se la pressione antropica permane.

Circa quaranta anni fa, il litorale a sud di Catania, presentava dune alte 8 metri ed estese per circa 2 Km. Oggi resta una bassa duna, interposta tra la spiaggia e l’extralitorale, spianato e ricoperto da un boschetto artificiale.

I sedimenti del sistema sabbioso derivano dal Simeto, che li disperde attorno alla propria foce.

Ricordiamo brevemente gli ambienti attualmente presenti: il lago Gornalunga, presente anche in estate; il lago Gurnazza, arginato solo dalle dune costiere; le Salatelle, acquitrini salmastri, le cui acque provengono da piccoli canali e dalla zona costiera per capillarità; un piccolo sistema di acquitrini, che si ricostituiscono in inverno, producendo problemi alle costruzioni abusive; il tratto terminale del fiume Simeto (rettificato dall’uomo, nel tentativo di facilitare lo scorrimento delle acque durante le piene); la vecchia asta fociale (l’ansa che il Simeto formava prima della foce e che è rimasta, dopo la rettificazione, come un vasto meandro); il Canale d’Arci (aperto per la bonifica del pantano d’Arci) e il canale Benante, che si apre la strada verso il mare, attraverso il lago Gornalunga.

Per quanto riguarda la vegetazione, sul versante dunale esposto a mare, possiamo osservare specie come Agropyron junceum, Matthiola sinuata, Diotis maritima, Euphorbia peplis. Le spiagge sabbiose sono colonizzate da Pancratium maritimum (giglio di mare) e Cakile maritima. I terreni inondati e ricchi di sali sono occupati da Artrocnemum fruticosum, Limonium vulgare, Suaeda vera e S. maritima.

Le zone sommerse permanentemente, come le depressioni in cui l’acqua si mantiene anche nei mesi estivi, presentano Phragmites australis (Cannuccia di palude).

Dove il terreno è per molto tempo sommerso, come a monte del lago Gornalunga o allo sbocco dei canali, sono presenti Juncus acutus, J. Maritimus e Limonium vulgare.

Lungo le sponde della vecchia ansa sono visibili esemplari arborei di Tamarix gallica e T. africana.

Le fascie boscate impiantate dalla Forestale, caratterizzate da Eucalipti e Acacie, hanno contribuito a far scomparire specie tipiche delle dune.

La fauna presente nelle zone umide della foce del Simeto annovera parecchie specie di uccelli, tra cui ricordiamo: Gallinula chloropus (Gallinella d’acqua), Fulica atra, (Folaga), Tachibaptus ruficollis (Tuffetto), Circus aeruginosus (Falco di palude), Alcedo atthis (Martin pescatore), Cettia cetti (Usignolo di fiume), Remiz pendinus (Pendolino). Queste specie sono legate alla vegetazione ripariale.

Nelle zone alberate o rimboschite, ricordiamo: Sylvia atricapilla (Capinera), Parus major (Cinciallegra), Garnulus glandarius (Ghiandaia), Cardueli chloris (Verdone).

Tra i rapaci, troviamo: Falco tinnunculus (Gheppio) e Tyto alba (Barbagianni).

Tra le specie migratorie, sono da ricordare Ardea purpurea purpurea (Airone rosso), Pluvialis apricaria (Piviere dorato), Haematopus ostralegus (Beccaccia di mare), Platalea leucorodia (Spatola), Himantopus h. himantopus (Cavaliere d’Italia).

Più raramente è stata osservata la specie Phenicopterus ruber (Fenicottero rosa).

Alla foce, negli stagni salmastri e in mare si rinvengono diverse specie di gabbiani e di sterne. Inoltre è possibile osservare anche l’elegante Sula, che si tuffa in verticale per catturare i pesci di cui si nutre.

Negli specchi d’acqua, si possono osservare esemplari di Svassi, Cormorani e diverse specie di Anatre.

Tra gli altri animali, ricordiamo la tartaruga d’acqua dolce (Emys orbicularis), la natrice (serpente che si nutre di piccoli pesci), la Volpe, la Donnola, il Coniglio selvatico e la Lepre.

La fauna del sopralitorale sabbioso presenta aspetti interessanti. Nella spiaggia umida contigua con la battigia, troviamo l’Anfipode Talitrus saltator e l’Isopode Tylos latreillei. Entrambe le specie hanno spiccate capacità di orientamento astronomico.

Tra i Coleotteri, abbiamo Eurinebria complanata, Cicindela lunulata nemoralis, Scarites laevigatus, Carabide stenoigro e alofilo, con spiccate capacità di orientamento e di nuoto e di abitudini notturne (le larve svolgono attività diurna).

Tra gli Araneidi, ricordiamo il Licoside Arctosa cinerea, tra i Dermatteri Labidura riparia.

Nella porzione di spiaggia più interna, troviamo l’Imenottero del genere Bembix, che scava un sistema di false tane attorno a quella vera.

Tra gli Ortotteri possiamo citare Sphingonotus candidus personatus, Acrotylus insubricus e A. longipes ( tre Acrididi) e il Grillide Brachitrupes megacephalus.

Durante l’escursione alla zona umida della foce del Simeto, abbiamo avuto modo di osservare, innanzitutto, la situazione in cui versa realmente la Riserva e la pressione antropica che la opprime, nelle sue varie forme, una delle più evidente delle quali, ma non l’unica, è data dall’abusivismo edilizio.  

Inoltre abbiamo rilevato alcuni dati microclimatici, in corrispondenza di 8 punti distanti l’uno dall’altro circa 350 metri, relativi a: umidità atmosferica (U.A.), temperatura atmosferica (T.A.), temperatura della superficie della sabbia (T.S.S.), temperatura della sabbia a 5 cm (T.5S.) e a 10 cm di profondità (T.10S.).

Inoltre abbiamo misurato la direzione e la velocità del vento prevalente.

I primi due parametri sono stati misurati all’altezza di circa 180 cm.

Le misure sono state effettuate avvicinandosi progressivamente al mare (il punto 8 risulta dunque quello più vicino al mare ed è in corispondenza della battigia).

 

I dati sono di seguito riportati:

Punto 1: U.A.=63,1%  T.A.=21,4°C  T.S.S.=18°C  T.5S.=15,4°C  T.10S.=14,9°C

Punto 2: U.A.=61,5%  T.A.=20°C   T.S.S.=19,5°C  T.5S.=17,7°C T.10S.=17,6°C

Punto 3: U.A.=64%   T.A.= 20°C  T.S.S.=18,7°C  T.5S.=17,3°C  T.10S.=17,3°C

Punto 4: U.A.=66,1%  T.A.=20,4°C  T.S.S.=19,6°C  T.5S.=17,6°C  T.10S.=17,4°C

Punto 5: U.A.=66,4%  T.A.=26,4°C  T.S.S.=36,9°C  T.5S.=23°C  T.10S.=19°C

Punto 6: U.A.=66%  T.A.=23,9°C  T.S.S.=34°C  T.5S.=21,6°C  T.10S.=18,8°C

Punto 7: U.A.=70%  T.A.=20,7°C  T.S.S.=30°C  T.5S.=22,0°C  T.10S.=19,9°C

Punto 8: U.A.=63%  T.A.=21,1°C  T.S.S.=26,4°C  T.5S.=24,1°C  T10S.=20,6°C

(Il grafico è riportato alla fine)

 

Velocità del vento: 2,4 m/s (a circa 190 cm.)    Direzione del vento: Nord-Est

 

Dai dati, rileviamo che l’umidità atmosferica, tendenzialmente, aumente, avvicinandosi al mare, come è naturale aspettarsi.

Il massimo valore di temperatura atmosferica è raggiunto su una duna scoperta ed esposta al sole (punto 5, T.A.=26,4°C). Qui si raggiunge anche il massimo valore di temperatura superficiale della sabbia  (T.S.S.=36,9°C).

I punti 1,2,3,4 sono nella penombra di un boschetto di Eucalipti, questo influisce sulle temperature, che risultano necessariamente inferiori.

Per quanto riguarda, invece, la temperatura della sabbia a 5 cm di profondità, il valore massimo si registra in corrispondenza della battigia (punto 8), lo stesso possiamo dire per la temperatura a 10 cm di profondità.

In generale, possiamo notare che le differenze tra i vari punti, nella misura della temperatura a 10 cm di profondità, non sono poi così marcate, come altre, ad esempio come quelle della temperatura superficiale. Quindi le differenze di temperatura in profondità, nel suolo, tendono a smorzarsi.

 

Durante l’escursione abbiamo piazzato, a scopo dimostrativo, delle trappole a caduta per invertebrati, che ci consentono di rilevare la composizione di specie che abitano una certa zona. Nelle trappole, in genere, sono messi dei fissativi, come acido picrico diluito o aceto, per prevenire il deterioramento del campione.

Le trappole non circolari si orientano con la diagonale disposta nella direzione Nord-Sud, utilizzando una bussola, come abbiamo fatto, nel nostro caso.

Con l’ausilio di sbarre di plexiglas poste ortogonalmente fra loro, si possono ricevere informazioni circa la direzione preferenziale delle diverse specie.

Chiaramente, studi di questo tipo, vanno ripetuti nelle varie stagioni, in quanto con esse si modifica la composizione di specie presenti su un territorio.

 

Da quello che abbiamo osservato durante la nostra escursione, ciò, che merita di essere messo in evidenza alla fine di questa relazione, sono i problemi che affliggono l’area della Riserva. A parte l’abusivismo edilizio, di cui abbiamo accennato prima, rileviamo anche la presenza di rifiuti solidi dispersi in aree abbandonate e di agrumeti abbandonati, le rotte aeree che solcano il cielo proprio sopra la Riserva, i divieti di pesca e di balneazione elusi, il boschetto di Eucalipti e Acacie impiantati come frangivento, senza nessuna considerazione per la vegetazione locale.

Come se ciò non bastasse, dobbiamo aggiungere anche la possibilità di una prossima riduzione della Riserva, in funzione del territorio già edificato.

Non dobbiamo dimenticare che tutto ciò ha un impatto sull’ambiente naturale e minaccia la sopravvivenza di specie animali e vegetali. Le specie legate ad ambienti costieri sono profondamente adattate e specializzate a svolgere il loro ciclo biologico in un contesto che offre habitat difficili. L’elevato grado di specializzazione costringe queste specie a minori capacità di adattamento a situazioni ambientali diverse e determina, conseguentemente, un serio rischio di estinzione per alcune di esse, quando l’ambiente subisce delle manomissioni da parte dell’uomo.

Al di là di tutte le altre osservazioni che potremmo fare, questa già basterebbe, affinchè, zone naturali a rischio, come questa, fossero oggetto di una maggiore attenzione e di un maggiore rispetto.