AZIONE
DELLA TEMPERATURA SULLA GERMINAZIONE DEI SEMI E INFLUENZA DELLA LUCE SULLA
FIORITURA
Durante il
laboratorio di biologia sperimentale si sono analizzate le metodologie per
evidenziare i fattori che influenzano la germinazione e la fioritura, due
momenti fondamentali del ciclo biologico delle
piante. Infatti, con la germinazione compaiono nuove piante
(perpetuazione della specie), d’altra parte la formazione di un seme è
preceduta dalla fioritura e dalla fecondazione dei fiori.
Durante
un’escursione, sono stati da noi raccolti dei semi di Ononis variegata, presso
la foce del Simeto, per poi studiarli in laboratorio.
Ononis variegata
è una Leguminosa, che vive in ambienti salmastri, ricchi di sali e che mostra
interessanti adattamenti.
I semi di questa
pianta maturano verso Aprile-Maggio, quando le temperature cominciano ad essere
elevate e la concentrazione dei sali nel terreno è in progressivo aumento.
Accenniamo
qualcosa sul seme in generale e sui fattori che influenzano la germinazione
prima di passare alla descrizione dell’esperienza, svolta in laboratorio.
Un seme può
essere definito una piantina intera quasi del tutto disidratata, in uno stato
quiescente.
Il seme si forma
dall’ovulo, una volta che questo è stato fecondato. All’interno l’ovulo
presenta una massa di cellule di tipo parenchimatico, chiamata nocella, che
circonda il sacco embrionale, fatto di otto nuclei aploidi, di cui uno è
l’ovocellula e altri due sono nuclei polari. Con la doppia fecondazione, un
nucleo spermatico si unisce all’ovocellula per formare lo zigote, l’altro ai
nuclei polari per dare un tessuto triploide, l’endosperma secondario, con
funzioni di riserva. Lo zigote va incontro a divisioni mitotiche. Terminate le
divisioni, l’embrione formatosi presenta: un asse embrionale, che porta alle
due estremità due zone meristematiche (apice del germoglio e apice radicale),
due cotiledoni nelle dicotiledoni, uno nelle monocotiledoni.Il tratto di
fusticino che va dai cotiledoni all’ apice radicale è detto ipocotile.
Una volta
formatosi nelle sue componenti (tegumento, endosperma ed embrione), il seme
subisce una disidratazione ed entra in uno stato di quiescenza.
La funzione di un
seme è quella di diffondere la specie su un area sempre più vasta e di
perpetuarla, potendo sopravvivere a condizioni sfavorevoli, come freddo e
siccità. Infatti, un seme, essendo quiescente, può restare anche per lungo
tempo in condizioni precarie (la vitalità varia secondo la specie e le riserve
contenute) e germinare quando diventano favorevoli, potendo assicurare alla
giovane plantula la sopravvivenza.
Le dimensioni dei
semi sono variabilissime, dai microgrammi ai chilogrammi, tutto dipende dalla
quantità di riserve contenute.Un seme che ha poche sostanze di riserva ha poche
probabilità di assicurare alla giovane plantula la sopravvivenza, però la
produzione di semi da parte della
pianta madre può essere maggiore.
Se un seme ha
grandi riserve, le probabilità di sopravvivenza sono superiori, ma la pianta
può produrne di meno.
La dispersione
dei semi può avvenire grazie al vento, in questo caso, i semi o i frutti
possono essere dotati di strutture per “volare”, oppure può avvenire per opera
di animali che si nutrono di frutti o che recano i semi attaccati al pelo.
Una volta che il
seme cade per terra può germinare, ma questo non è detto che avvenga. I fattori
che influenzano la germinazione possono essere interni o esterni. Tra quelli
interni ricordiamo: normale costituzione, maturità e vitalità. Tra quelli
esterni: acqua, temperatura, luce e ossigeno.
Esaminiamo i vari
fattori. Un seme, per germinare deve essere vivo. La vitalità varia secondo le
riserve, i semi che possono resistere più a lungo sono quelli a riserve
amilacee. Inoltre il seme non deve essere difettoso, ma deve essere completo
nelle sue parti, ben costituito e maturo. La maturità fisiologica e morfologica
non sempre coincidono. Ci sono semi che raggiungono la maturità morfologica,
senza ancora aver raggiunto quella fisiologica.In questo caso il seme non può
ancora germinare.
L’acqua è un
importante fattore esterno. Essendo il seme disidratato (l’acqua si riduce al
5-15% del peso totale), per riprendere le proprie attività metaboliche deve
assorbire acqua. L’assorbimento avviene per imbibizione. Le riserve proteiche
sono più efficienti come colloidi e i semi che li contengono si rigonfiano
visibilmente, come quelli del Glycine max, per esempio.
Assorbita l’acqua
e riprese le attività metaboliche, riprende anche la respirazione per produrre
energia. E’ necessario dunque l’ossigeno, perché avvenga. Un seme in assenza
d’ossigeno e sommerso in acqua non germina. Si osserva, nelle cellule vegetali,
dopo l’assorbimento d’acqua, pure l’aggregazione di ribosomi e mRNA in polisomi
(quindi traduzione di mRNA probabilmente già trascritti prima e congelati) e la
demolizione delle riserve.
La luce è un
altro fattore esterno importante per la germinazione. Ci sono semi che hanno
bisogno di luce per germinare, altri di buio, altri sono indifferenti alla luce
e al buio. Un seme può trarre vantaggio nell’essere fotoblastico, in quanto,
potendo germinare solo alla luce, garantisce alla plantula di potere diventare
autotrofa prima di esaurire le scorte.
La temperatura è
un fattore esterno che agisce sulla germinazione. Ogni seme ha una propria
temperatura ottimale per germinare. La temperatura ottimale è quella per cui si
hanno insieme il maggior numero di semi germinanti e la massima velocità di
germinazione. Le prove che sono state fatte in laboratorio riguardano proprio
la temperatura di germinazione e l’influenza della luce.
I semi sono stati
scelti in base ad un campionamento basato sull’aspetto morfologico, escludendo
quelli troppo piccoli, troppo chiari o troppo scuri.Per ciascun tipo di seme,
il campionamento è stato il più possibile omogeneo, cioè sono stati prelevati
semi con le stesse caratteristiche morfologiche.
Poi i semi sono
stati introdotti in capsule di Petri, appositamente preparate con carta bibula
e acqua. Le capsule sono state messe in termostati, per poter stabilire la
temperatura ottimale.
I semi studiati
in laboratorio, oltre quelli dell’Ononis variegata, raccolti da noi (1999) e
raccolti l’anno scorso (1998), sono stati quelli del Triticum durum, del
Glycine max e del Chenopodium ambrosioides.
In particolare
alcuni semi dell’Ononis ’98 sono stati scarificati con carta vetrata, in modo
da rimuovere la dormienza. Con questo termine s’indica lo stato di un seme
allorquando, pur avendo a disposizione il necessario per germinare, non germina.Una
delle cause della dormienza può essere l’impermeabilizzazione del tegumento
all’ acqua e all’ossigeno.
L’embrione non
potendo trarre dall’esterno queste molecole indispensabili per riprendere le
attività metaboliche resta dormiente. E’ il caso dell’Ononis variegata, i cui
semi, una volta esposti a temperature elevate non sono in grado di germinare,
nemmeno dopo un acquazzone prolungato, perché il tegumento è divenuto
impermeabile.
Si è visto, in
particolare, che semi della stessa pianta, raccolti il 14 Aprile e tenuti per
sette giorni alla temperatura di 20°C, presentano una % di germinazione del
98%. Semi verdi tenuti per sette giorni a 20°C presentano una % di germinazione
del 100%. Se i semi sono conservati per sette giorni a 35°C, non germinano.
Questi risultati
ci inducono a pensare che si tratta di una dormienza acquisita successivamente,
in seguito alle condizioni ambientali (temperature più elevate). E’ un esempio
di dormienza secondaria. La dormienza primaria, che si osserva in altri semi è
invece acquisita direttamente dalla pianta madre.
I semi di alcune
piante sono dormienti a causa di sostanze inibitrici presenti nel tegumento,
nell’endosperma o nell’embrione (ammoniaca, acido abscisico, etilene).Se si
trovano nel tegumento, possono essere allontanati in seguito a lavaggi
prolungati, se si trovano all’interno, possono essere rimossi in seguito a
idrolisi.
Altre volte un
seme è dormiente perché deve subire un periodo di freddo intenso prima di poter
germinare.
Il significato
naturale della dormienza è notevolissimo.Grazie ad essa, infatti il seme
germina quando la plantula ha più probabilità di sopravvivere.
Vediamo le sue
implicazioni sulla Ononis.
Il seme sulla
pianta inizialmente non è dormiente. La dormienza è indotta dalle alte
temperature, che disidratano del tutto l’embrione e portano
all’impermeabilizzazione del tegumento. Il seme caduto per terra non potrà
germinare nemmeno dopo un violento acquazzone. Se non fosse dormiente ,il seme
germinerebbe già ad Aprile-Maggio, trovando nel terreno alte concentrazioni di
sali (dato l’ambiente in cui vive) e di conseguenza la plantula si troverebbe
in difficoltà nell’assorbire acqua e con scarse possibilità di sopravvivere. La
dormienza viene meno quando il tegumento è lesionato (quello che abbiamo fatto
noi artificialmente con la carta vetrata), il che consentirà l’ingresso
d’acqua. In questo modo si ha una germinazione scalare dei semi. In natura la
scarificazione del tegumento può avvenire col calpestio, o grazie alla sabbia
trasportata dal vento, o a microrganismi del terreno.
I semi campionati
sono stati sistemati in capsule di Petri con una quantità d’acqua variabile.
Per i semi del Triticum sono stati versati 6cc, per quelli del Glycine 7cc ,
per quelli del Chenopodium e dell’Ononis del ’98 4cc, per quelli dell’Ononis
del ’99 2cc.
Alcuni semi di
Ononis del ’98 sono stati prima scarificati. Per i semi del Chenopodium si è
ricorsi a capsule di Petri trasparenti, perché i semi si trovassero alla luce,
e nere perché i semi si trovassero al buio. In questo modo, si è potuto vedere
a parità di temperature, il tipo d’influenza della luce.
Campionamento dei
semi:
Triticum durum |
5 gruppi da 50 semi |
Glycine max |
4 gruppi da 50 semi |
Ononis |
4 gruppi da 50 semi |
Ononis v. ’98 |
3 gruppi da 25 semi scarificati e 3 da 25
semi integri |
Chenopodium a. |
3 gruppi da 50 semi da riporre nelle
capsule nere e 3 gruppi da riporre
nelle capsule trasparenti. |
Temperature
scelte per ciascuna specie:
Triticum durum |
10°C, 20°C, 25°C, 30°C, 10/30°C |
Glycine
max |
10°C,
20°C, 25°C, 30°C |
Ononis
variegata (’98): |
10°C,
20°C, 25°C |
Ononis
variegata (’99): |
10°
C, 20°C, 25°C, 30°C, sia per i semi integri che per quelli scarificati. |
Chenopodium
ambrosioides |
10°C,
30°C, 10°/30°C |
Le temperature
alterne 10/30°C sono servite per evidenziare i loro effetti sulla germinazione.
In natura, infatti, esiste pure un escursione termica, che si verifica tra il
giorno e la notte.
Per i quattro
giorni successivi sono stati osservati i semi ed è stato registrato il numero
dei germinanti sulle tabelle allegate. Il primo giorno d’osservazione rivela
già un certo numero di semi germinanti, i più restii a germinare sono quelli
del Chenopodium, dell’Ononis (’99) e dellOnonis (’98) non scarificati. Gli
ultimi due non mostrano neanche un visibile rigonfiamento, dovuto
all’imbibizione a differenza di tutti gli altri semi. I semi che hanno
assorbito acqua più vistosamente sono quelli del Glycine max. Il notevole
richiamo d’acqua è dovuto alle riserve proteiche, contenute in questi semi.
Dai risultati
ottenuti, si può vedere che, il massimo numero di semi germinanti al primo
giorno si ha per temperature più elevate di 10° C.A 25° C, già il primo giorno
sono germinati tutti i semi del Glycine max e quasi tutti a 30°C. I giorni
successivi portano ad un aumento del numero totale dei semi germinanti, in genere,
ad eccezione dei semi del Chenopodium a 10° C, per i quali né alla luce, né al
buio si osservano germinanti.Lo stesso può dirsi dei semi a 30°C al buio.
I semi integri
dell’Ononis variegata del ’98 non sono germinati a nessuna temperatura imposta,
se non a 20°C, per la quale si ha un minimo di semi germinanti (12%) contro il
100% dei semi scarificati, sia a 10°C, sia a 20°C, sia a 25°C.
I semi
dell’Ononis variegata ’98, pure essendo integri, sono germinati con percentuali
pari al 4% a 10°C, all’8% a 20°C, al 46% a 25°C, al 68% a 30°C. Il fatto che
siano germinati è indice che ancora il tegumento non è divenuto totalmente
impermeabile. I semi integri dell’Ononis del ’98, invece non sembrano essere in
grado di germinare, a parte qualche eccezione, rivelandosi in dormienza.
Il terzo giorno
d’osservazione ha permesso di studiare le plantule, specie quelle del Triticum
e del Glycine, abbastanza grandi da poter essere osservate anche ad occhio
nudo. Le plantule del Glycine presentano i cotiledoni carnosi sollevati in alto
da un lungo ipocotile (plantula a seme epigeo) e delle radici secondarie già
formate a partire dalla radice principale. E' un esempio di radice a fittone,
con una radice primaria che si accresce di più di quelle secondarie di
prim’ordine e queste a loro volta di più, rispetto a quelle di secondo ordine.
Si possono osservare pure i peli radicali immediatamente sopra la zona di
distensione e di differenziazione.
La germinazione
dei semi del Triticum è del tutto particolare e si riscontra anche in altre
monocotiledoni. La prima a spuntare non è la radichetta, ma la coleorriza, un
astuccio che la protegge e che viene poi perforata dalla radichetta in
crescita. Analogamente si osserva il coleoptile, un astuccio che protegge il
fusticino, allungarsi e, dopo qualche tempo essere perforato all’apice, da dove
fuoriesce la prima foglia.
%
DEI SEMI GERMINANTI OTTENUTE SPERIMENTALMENTE:
Triticum durum |
50% a 10°C § 34% a
20°C §
36% a 25°C § 42% a
30°C §
48% a 10/30°C |
Glycine max |
88% a 10°C § 100% a
20°C §
100% a 25°C § 98% a
30°C |
Chenopodium ambrosiodes |
0% a 10°C sia alla luce che al buio § 8% a
30°C alla luce §
0 a 30°C al buio §
62% a 10/30 °C alla luce §
84% a 10/30°C al buio |
Ononis variegata (’98) |
100% di quelli scarificati sia a 10°C che
a 20°C e a 25°C §
0% di quelli integri a 10°C e a 25°C § 12% di
quelli integri a 20°C |
Ononis variegata (’99) |
4% a 10°C § 8% a
20°C § 46% a
25°C §
68% a 30°C |
Dai risultati ottenuti,
si possono fare alcune considerazioni. Per il Triticum, i valori ottenuti
sperimentalmente, non sono significativi, dato che per nessuna temperatura c’è
una % di germinazione maggiore di 50%. Si dovrebbe ripetere l’esperienza ed
effettuare un campionamento ancora più accurato.
I semi del
Glycine presentano la massima % di germinazione (100%) e la massima energia
germinativa (1) a 25°C. A 10°C si hanno % di germinazione ed energia
germinativa più basse, rispettivamente 88% e 0,25.
A 20°C, la % di germinazione
è pari a 100, ma l’energia germinativa è 0,5. A 30°C, la % di germinazione è
98% e l’energia germinativa è uguale ad uno.
L’energia
germinativa è definita come 1 diviso il numero di giorni per avere il massimo
numero di semi germinanti. E’ un indice della velocità di germinazione.
I semi del
Chenopodium mostrano alte % di germinazione alle temperature alterne 10/30°C e
al buio. Quindi temperature alterne e buio sono fattori che influenzano
positivamente la germinazione di questi semi. Comunque alle stesse temperature
alterne, ma alla luce, c’è ugualmente un certo numero di semi germinanti (62%):
questo significa che il buio non è del tutto necessario alla germinazione, ma
comunque la facilita.
I semi
scarificati dell’Ononis del ’98, presentano alte % di germinazione (100%), sia
a 10°C, sia a 20°C, sia a 25°C. Quelli integri non germinano a nessuna
temperatura, se non a 20°C, il 12 %. Il motivo di questi risultati è dovuto
alla dormienza secondaria.
I semi
dell’Ononis del ’99, mostrano alte % di germinazione a 30°C. Il loro
comportamento differisce quindi da quello dei semi della stessa pianta raccolti
nel ’98.
La fioritura è un
altro momento importante per le piante, perché è con essa, che le piante
passano dallo stato vegetativo a quello riproduttivo.
Tra i fattori che
influenzano la fioritura, ricordiamo la luce e la temperatura.
Per quanto
riguarda la luce, essa non deve essere intesa come intensità, ma come durata
giornaliere. E’il numero d’ore di luce ogni giorno, infatti, quello che conta
per la fioritura.Questo periodo di luce giornaliero è detto fotoperiodo
induttivo.
In base alla
reazione al fotoperiodo, distinguiamo varie categorie di piante, le più diffuse
sono: longidiurne, brevidiurne e neutrodiurne. Longidiurne e brevidiurne
possono essere poi obbligate o facoltative.
Una longidiurna
obbligata può fiorire soltanto se esposta a fotoperiodo lungo, altrimenti non
fiorisce. Si dice, pertanto, che presenta una reazione fotoperiodica di tipo
longidiurno accentuato.
Una longidiurna
facoltativa presenta invece una reazione fotoperiodica di tipo longidiurno
attenuato, potendo fiorire anche a fotoperiodo breve, anche se più lentamente.
Una brevidiurna
obbligata fiorisce soltanto a fotoperiodo induttivo breve (reazione
fotoperiodica di tipo brevidiurno accentuato), mentre una brevidiurna
facoltativa fiorisce anche a fotoperiodo lungo, anche se più lentamente (reaz.
fotoperiodica di tipo brevidiurno attenuato).
Una neutrodiurna
fiorisce indifferentemente a qualsiasi fotoperiodo.
Gli organi che
recepiscono il fotoperiodo sono le foglie adulte, l’organo effettore è l’apice,
che è stimolato dall’ormone florigeno.
Le specie che
fioriscono in Primavera-Estate, in genere presentano una reazione fotoperiodica
di tipo longidiurno, perché sono indotte alla fioritura in un momento dell’anno
in cui il giorno si va allungando. Quelle che fioriscono in Autunno-Inverno
sono per lo più brevidiurne, perchè il fotoperiodo, in queste stagioni tende ad
accorciarsi.
Le neutrodiurne
fioriscono invece tutto l’anno.
Le prime tecniche
per valutare l’importanza della luce per la fioritura, risalgono a Gardner e
Allard. Lavorando con una varietà di pianta del tabacco (Maryland Mammoth), i
due ricercatori si accorsero che, alcuni mutanti particolarmente rigogliosi non
fiorivano in Estate come gli altri esemplari, ma in Autunno, restando vittime
del freddo.
Dopo una serie di
prove fu evidente che la fioritura doveva dipendere dal numero d’ore di luce
ogni giorno. Infatti, portando le piantine al buio alle quattro del pomeriggio,
queste fiorivano anche in Estate, in quanto si era accorciato artificialmente
il giorno, consentendo a queste piante brevidiurne di fiorire.
Un’altra tecnica
per mettere in risalto l’importanza del fotoperiodo, consiste nel piantare i
semi in condizioni naturali e in condizioni naturali, con l’aggiunta
d’illuminazione notturna.
Si segna la data d’emergenza
e di fioritura e dal confronto dei risultati si potrà stabilire il tipo di
reazione fotoperiodica.
Un’altra tecnica
si basa sull’uso del criticotrone, un complesso di casse di coltura, in cui
varia solo il fotoperiodo. In genere si dispone di cinque casse di coltura con
fotoperiodo di 10, 13,16, 19 e24 ore su 24.
Si segna la data
d’emergenza e di fioritura nelle diverse casse e dal confronto si può
individuare la reazione fotoperiodica della pianta.
I
fitoclimatizzatori sono camere climatiche, in cui si controlla oltre la luce,
anche la temperatura, l’umidità, etc. E’ possibile in tal modo avere risultati
più precisi.
Il fitotrone è
una costruzione con camere separate, in ognuna delle quali si possono fare
variare tutti i parametri. Consente uno studio ancora più accurato.
Le semine
scalari, consentono anch’esse di studiare le reazioni fotoperiodiche delle
piante.
Piantando semi in
un certo numero di vasi all’inizio di Gennaio e piantandone altri all’inizio
d’ogni mese, segnando la data di semina, emersione e fioritura, si può risalire
al tipo di reazione fotoperiodica dal confronto dei risultati. Se si tratta di
una longidiurna, fioriranno nello stesso anno le piantine seminate per esempio
a Marzo non quelle seminate ad Ottobre, che potranno fiorire l’anno successivo,
in Primavera, quando il giorno si allunga.
La temperatura è
un altro fattore che influenza la fioritura. Può essere avvertita anche dalla
pianta allo stato di seme imbibito d’acqua, essendo gli organi recettori, i
meristemi. La temperatura può avere un’azione determinante, favorevole o
indifferente per la fioritura. Molte piante per esempio, hanno bisogno di
subire un periodo di freddo per fiorire, altrimenti non fioriscono (azione
determinante).
METODOLOGIE PER
LO STUDIO DELL’INFLUENZA DELLA TEMPERATURA SULLA FIORITURA.
Si possono
piantare semi della stessa pianta a livello del mare e ad altitudini elevate.
Si segna la data di semina e si calcolano i giorni impiegati per fiorire. Il
confronto permette d’individuare il tipo d’azione esercitato dalla temperatura.
Un altro modo di
procedere è quello di piantare i semi in due serre, una a temperatura sempre
maggiore di 10°C, l’altra generalmente raffreddata a temperatura naturale.
Anche in questo caso dal confronto dei risultati ottenuti nelle due serre, si
può valutare l’azione esercitata dalla temperatura.
Un altro metodo è
costituito dalle semine scaglionate. Si procede a piantare all’inizio d’ogni
mese un tot di semi della stessa specie, si segna la data di semina e quella di
fioritura. In questo modo possiamo studiare gli effetti dovuti alla temperatura
e al fotoperiodo.
Un tecnica messa
a punto in Russia, la vernalizzazione, consiste nel mettere i semi in un becher
cui si aggiunge acqua al 35% del loro peso. Poi vengono introdotti in frigorifero
a temperature da 2°C a 5°C per tempi variabili. Seminandoli ad Aprile, per
esempio, assieme ad un gruppo di semi della stessa specie non trattati
(controllo) si vede la % di piante che fioriscono. Se il freddo ha un’azione
determinante, le piante di controllo non fioriranno. Se fioriscono entrambi i
gruppi, la temperatura ha un’azione indifferente. Nel caso del frumento
esistono razze invernali che hanno bisogno necessariamente di freddo per
fiorire ed altre primaverili che fioriscono anche senza aver subito basse
temperature.
Per varie piante
si è potuto risalire anche al tempo d’esposizione al freddo necessario per
avere una buona fioritura, mantenendo i semi per tempi diversi alle basse
temperature dei frigoriferi.
Dr. Antonello Greco